finche la barca va

di maia, 8 Luglio 2007

Magari vi piace il tennis. Magari siete amanti delle tradizioni, vi piace il buon vecchio serve and volley e considerate Wimbledon il più bel torneo sulla faccia della terra. Magari quest’anno la finale è una di quelle da leccarsi i baffi, con i due più grandi tennisti del momento che vivono anche una discreta rivalità personale che rende il tutto più drammatico. Magari avete pure in casa Sky, l’unico modo per vedere il torneo in tutto il suo splendore.
Però si dà il caso che Sky si trovi nel salotto. E nel salotto avete un padre. Che usa Sky per dormire. Sintonizza l’apparecchio sul canale Sailing e dorme. Con la cuffia nelle orecchie. E il telecomando incastrato sotto la zampa, che appena cercate di sfilarglielo si sveglia urlando che stava guardando quella trasmissione così interessante.

Allora voi vi sedete un attimo sul divano, guardando pubblicità patinata di barche che non potrete mai comprarvi. Immaginate una partita di tennis che esiste solo nella vostra mente. E piangete in silenzio. Per non svegliarlo.

Postato in visioni | 95 Commenti 

altrimenti ci arrabbiamo

di maia, 2 Luglio 2007

Ieri sera ci ho riprovato.
Mi sono accomodata ben bene sulla sedia più scomoda di cucina e mi sono apprestata a seguire per una buona volta una puntata di Don Matteo. Se addirittura riesce a distogliere mia madre dalle parole incrociate, vorrà dire che è interessante.
Insomma, ero davvero armata delle migliori intenzioni. Eppure… eppure dopo cinque minuti ho cominciato a smaniare. Dopo dieci mi agitavo sulla seggiola. Dopo venti ho dovuto alzarmi a fare un giro.
Vederlo così è stato un vero e proprio choc. Ma come, non può essere lui!
Lui si sarebbe attaccato a una trave e, oscillando, avrebbe travolto i cattivi con dei calcioni ben assestati. Si sarebbe abbassato all’improvviso per evitare il gancio di un bruto che avrebbe così colpito un suo amico.
Avrebbe stordito i nemici, con dei cazzottoni alle orecchie. Sarebbe saltato su un tavolo, si sarebbe appeso a un lampadario, insomma… sarebbe stato Terence Hill!

E invece cosa vedo?
Vedo un uomo con la sua faccia, giusto un poco più gonfia, con un annacquato sorriso tutto-denti, e con i suoi occhi ancora brillanti mettersi a ragionare, predicare, convincere i malvagi ad arrendersi!
Ma no! Cosa direbbe Bud, il grande Bud, mio primo amore di celluloide, davanti a una scena del genere?
Sbufferebbe, scuoterebbe lievemente la testa. E gli girerebbe le spalle. Magari nella segreta speranza che il vecchio compagno di tante risse, dopo un momento di pausa, lanci da un lato la bicicletta e gli si attacchi alle costole, sorridendo col suo sghembo sorriso fatale.

Terence, getta quella tonaca!

una modesta proposta 2

di maia, 28 Maggio 2007

Da qualche tempo sul satellite va in onda una nuova serie ospedaliera che prende spunto dal dr. House. A quanto pare le somiglianze con l’originale sono tantissime, nel modo di costruire le puntate e nella caratterizzazione dei personaggi.

Chi l’ha visto giura che se non fosse per l’ambientazione, spostata in un reparto di neurochirurgia, e per il protagonista, Stanley Tucci, che è completamente rasato, i due serial sarebbero praticamente identici.
Premesso che io adoro Tucci e che vederlo ridotto a fare la brutta copia mi rattrista molto, la cosa che mi ha più colpito della serie è il titolo. "3 libbre". Che sarebbe il peso di un cervello umano.
Ora, io non ho la minima idea di quanti chili corrispondono a tre libbre, però so per certo una cosa: il cervello umano è in larga parte inutilizzato. Di questo sono sicura, l’ho visto alla Macchina del tempo (o l’ho letto in qualche numero di Focus?). Dunque, noi ci portiamo in corpo ben tre libbre di roba, per larga parte inutile.
E allora perché non sfruttare la cosa?
Voglio dire, ci avviciniamo all’estate, la prova costume è alle porte. Milioni, ma che dico, miliardi di donne sono già in piena crisi e stanno spendendo stipendi interi in creme, pasticche, lozioni, beveraggi, massaggi, palestre, piscine, macchinari infernali, il tutto per, ad andar bene, perdere temporaneamente due-tre etti di peso, che poi riacquisteranno, decuplicati, in pochi secondi.
Perché, invece di spendere tutti quei soldi in palliativi, non spenderli per un intervento risolutivo? Perché non liberarsi di quella massa in eccesso?
In fondo non stiamo parlando di liquidi o grassi, che hanno la pessima abitudine di riformarsi. Qui si parla di materia che, una volta estratta, non si riformerà mai più!

Per non parlare dei benefici effetti collaterali che una cura del genere procurerebbe.
Oltre a far calare nettamente la massa corporea, infatti, si libererebbe un sacco di spazio nella scatola cranica, cosa che debellerebbe definitivamente la sindrome-dobermann che molti esseri umani ha portato alla follia negli ultimi anni, come autorevolmente documentato sempre da Focus (o era la Macchina del tempo?).

In più ciascuno di noi potrebbe approfittarne per personalizzare il proprio cervello, sbarazzandosi anche delle parti sotto-utilizzate.
Così una persona amante dell’arte che odia lo sport, per dire, potrebbe farsi togliere la parte in cui risiede la funzione del tifo.
Al contrario, un accanito tifoso potrebbe chiedere di estirpare la parte che presiede al giudizio critico (e un tifoso di football americano potrebbe farsi estrarre tutto il cervello di sana pianta).

E perché non pensare più in grande? Perché non puntare addirittura ad eliminare tutti i malesseri psicologici?
Ma ci pensate? Addio alle crisi di panico, agli attacchi d’ansia, agli stati depressivi. Basterebbe individuare l’area cerebrale giusta e zac!

Mi sento male al solo pensiero delle cose che si potrebbero fare!

Un momento, leggo ora su Donna Moderna che tre libbre corrispondono più o meno ad un chilo e mezzo. In effetti è un po’ pochino per assicurare una perdita di peso significativa…

Trovato!
Basterà asportare l’area del cervello che regola i complessi.
E’ anche vero che così alle donne ne rimarrebbe ben poco, ma tanto, seriamente, notereste la differenza
?

una modesta proposta

di maia, 19 Aprile 2007

L’altra sera stavo discutendo con un amico su come salvare i reality show.
Argomento di assoluta rilevanza sociale, visto la capacità che hanno questi programmi di assorbire l’attenzione dei cretini, rendendo tutti più felici: chi li guarda e ne trae diretto diletto e chi non li guarda, ma è libero per una-due serate a settimana da compagnie moleste.
Attenzione, non sto dicendo che tutti quelli che guardano i reality siano cretini, semplicemente è vero che tutti i cretini li guardano. Magari qualcuno lo nega, ma nel chiuso della cameretta…
Dunque, io ed il mio amico discorrevamo preoccupati sul declino di un genere tv così importante ed abbiamo provato a tirar fuori delle strategie risolutive.
Una mi pare particolarmente interessante.

Abbiamo notato che quello del reality non è l’unico genere che sta perdendo pubblico. In campo editoriale, per esempio, i gialli classici, quelli alla vecchia maniera, ormai son stati largamente soppiantati dalle storie di serial killer e dai polizieschi, più duri e sanguinolenti.
In fondo, mal comune, mezzo gaudio (o era una mano lava l’altra?).
Perché non realizzare per una volta il vero delitto nella stanza chiusa? Anzi, nella casa chiusa!

Allora, si introducono sei concorrenti che per i primi tre giorni fanno quello che fanno di solito i concorrenti di reality, litigare, mangiare, baciare, lettere e testamento. Soprattutto testamento.
Una volta inseriti gli ingredienti principali, si provvede ad ammazzarli. “Ma ammazzarli sul serio?” si chiederà qualcuno. Certo, altrimenti che reality sarebbe?

Ora, qualche riflessione in più occorre per decidere il modo in cui presentare i delitti. Va infatti mostrata la casa in maniera continuativa, secondo per secondo, o è consentito un breve stacco nelle riprese? (l’obiezione che lo stacco sarebbe un espediente truffaldino nei confronti del telespettatore non è recepibile, visto che in tutti i migliori romanzi gialli l’autore bara un pochettino. E poi le regole le facciamo noi!)
Perché a seconda di cosa si sceglie, cambiano anche le possibili cause di morte. Se non c’è stacco, infatti, la morte deve sopraggiungere per qualche causa necessariamente interna (veleno, gas, puzza di piedi?), mentre se lo stacco è consentito, c’è sempre la possibilità che qualcuno (l’assassino?) si sia potuto introdurre, non visto, nell’appartamento, magari previa disabilitazione delle telecamere con tecnologie di ultima generazione, cosa che fra parentesi avvicinerebbe il pubblico giovane.

Una volta messo a fuoco questo problema, ci si potrà dedicare alla parte più facile.
Come scegliere i concorrenti, per esempio?
Nulla di più semplice, vuoi che non si presentino in massa aspiranti cadaveri per far parte di un progetto così innovativo?
Basta prenderne qualcuno e sottoporlo a provini in cui se ne valorizzerà la totale incapacità intellettiva (vera o simulata), in modo da poter poi utilizzare in seguito i simpatici spezzoni in qualche trasmissione corollario (nella buona televisione, come nel maiale, non si butta via niente).
Poi se ne scelgono sei, totalmente a caso. Questo tipo di programma ha, infatti, il vantaggio che i caratteri dei concorrenti non sono fondamentali per la buona riuscita dello spettacolo.

Punto due: come ravvivare uno show una volta che tutti i protagonisti sono morti?
Niente di più stupido, si introduce la figura dell’investigatore!
L’investigatore deve essere qualcuno dalla personalità carismatica, ma dalle capacità logico-deduttive non brillanti, in modo che lo spettatore vi si possa identificare. Caratteristiche imprescindibili sono una dentatura smagliante ed una crisi isterica latente, pronta ad esplodere in caso di inopinati punti morti della sceneggiatura.
E chi meglio di una star tv potrebbe ricoprire questo ruolo?
Ogni settimana si introduce un vip televisivo col compito di indagare. Nulla gli è precluso: se preferisce condurre un’indagine usando la buona vecchia logica, alla holmes, non ha che da tirar fuori i ferri del mestiere (pipa e lente di ingrandimento) ed il gioco è fatto. Se invece preferisce usare i metodi moderni, alla CSI per intendersi, gli verrà fornito il kit del perfetto chirurgo e potrà liberamente aprire e rovistare i cadaveri.
Insomma, tutto sta alle inclinazioni del personaggio che di volta in volta verrà coinvolto. Cosa che renderà il tutto più vario ed imprevedibile.

Nel caso in cui l’investigatore non indovinasse il colpevole, il modo ed il movente, ci si rivolgerebbe al televoto: lo si potrà salvare, facendolo però passare attraverso la pubblica gogna, una gogna reale intendo, con tanto di popolo che gli tira addosso pomodori ed uova, oppure lo si eliminerà.
L’idea originale sarebbe stata quella di eliminarlo in modo fisico. Però mi hanno fatto notare che potrebbero sorgere problemi legali. La tentazione di finire in una di quelle trasmissioni tribunalizie è troppo ghiotta per gli avvocati dei vip, che troverebbero di sicuro qualche cavillo…
Quindi abbiamo pensato ad un’alternativa: il vip non verrebbe eliminato materialmente, ma televisivamente, con divieto assoluto di comparire in tv per trenta anni esatti.
Nel caso in cui l’investigatore indovinasse, si cambierebbero le carte in tavola; qualche codicillo al regolamento fa sempre in tempo a spuntar fuori.

Rimane solo da chiarire che fare dei cadaveri. Nel senso che, si sa, il cadavere dopo tre giorni puzza.
Senza contare il fatto che se un vip con la mania della medicina legale ce li squartasse tutti, l’investigatore successivo come farebbe ad esaminarli?
Per questo abbiamo pensato di ricambiare le vittime una volta a settimana. Rimane da decidere se le nuove debbano assumere l’identità di quelle vecchie, con la conseguente ripetizione dell’omicidio in ogni suo minimo particolare, cosa invero complicata, o se debbano essere nuove di zecca, con il conseguente obbligo di ideare ogni volta un tipo di omicidio diverso. Con il rischio, però, di ritrovarsi prima o poi senza un movente valido in mano…
Questo problema potrebbe essere aggirato con l’indizione di un concorso televisivo, in cui l’autore del miglior movente originale vincerebbe una settimana da concorrente nella casa e la citazione nei titoli di coda.
Ed ecco pronta la ricetta miracolosa.

Certo, mi rendo conto che è molto rivoluzionaria. Come primo investigatore ci servirebbe, pertanto, qualcuno capace di rassicurare gli spettatori, uno dalla faccia tranquillizzante, che introduca nelle case questo prodotto senza traumi.
Avevamo pensato a Pippo Baudo.
Ma ho paura abbia esaurito tutta l’isteria a sanremo…

intervallo magico

di maia, 13 Aprile 2007

si, lo so, sono inqualificabile, vi ho lasciati soli.
Però spero mi perdonerete sapendo che sono stata rapita da un mago cattivo che mi ha rinchiusa in una torre piena di pc e di scartafacci e mi schiavizza inverecondamente.
E non ho nemmeno uno shrek che mi salvi!
Come al solito, mi toccherà fare tutto da sola…

In compenso vi lascio in compagnia di un mago buono ed affascinate (come vorrei fosse lui il mio rapitore… a parte il fatto che è morto, certo, e quindi, ben che vada, sarei rapita da un fantasma o, peggio ancora, da uno scheletro scarnificato… uhm… no, forse non vorrei essere rapita nemmeno da lui).

Torno presto, prometto!

Postato in visioni | 9 Commenti 

shopping (piccolo regalo pasquale)

di maia, 6 Aprile 2007

Sono a dieta da lunedì.
E la cosa non mi piace.
Si, perché io la dieta la trovo un’usanza contro natura, come qualsiasi privazione volontaria dei piaceri della vita. Ma in certe occasioni è obbligatorio farla. No, non parlo della fase preparatoria al primo appuntamento con un ragazzo, né a quella della prima volta in cui lui ti vedrà nuda (sempre che le due cose non coincidano). Sono fermamente convinta, come tutte le donne troppo pigre per riuscire a perdere i chili in eccesso, che la persona giusta per me è quella che mi accetta così come sono.Io la dieta la faccio per motivi molto più seri.
Ho deciso, infatti, che domani faccio shopping.

Ogni volta che vado in uno di quei grandi negozi di abbigliamento del centro, uno dei tanti Simpley, Sauronel, Bara, mi sento inadeguata e sin dal momento esatto in cui metto piede sulla soglia, avverto le occhiate strafottenti di qualcuna di quelle flessuose modelle che fingono di fare le commesse là dentro.
Così ogni volta che voglio comprarmi qualcosa di nuovo, mi devo preparare con largo anticipo, sia mentale che fisico. Devo scegliere l’abbigliamento giusto, ma soprattutto devo esibire un corpo perfetto. Insomma, il più perfetto possibile.
Io ho una mia tattica per evitare gli sguardi inquisitori di quelle iene dal sorriso falso. Entro quando il negozio è pieno. E’ vero, c’è più confusione, ma spero così sia più difficile che una di loro mi si appiccichi alle costole.
Accorgimento inutile, visto che ogni volta che mi sembra di averla fatta franca e, superata a passo di carica l’entrata, mi nascondo al riparo di uno scaffale, sento immediatamente una vocetta alle mie spalle:
“posso aiutarla?”

a quel punto tutto è inutile. Non te la scrollerai più di dosso. Anche se rispondi:
“no, grazie, stavo solo guardando…” lei ti seguirà, da lontanto, non ti perderà di vista un solo istante. E, nel momento preciso in cui starai per toccare una maglietta qualunque, lei si rimaterializzerà al tuo fianco e ti assalirà con una scarica di:

“allora quella l’abbiamo, in bianco, verde, giallo, blu, rosa, corallo, a maniche lunghe mezzemaniche, maniche corte, con scollo a v a barchetta, a…”
e tu sarai in sua completa balia.
Starai lì ad ascoltarla sciorinare tutti i pregi della maglietta che avevi adocchiato, con aria paziente, maledicendo il momento in cui ti ci eri avvicinata, fino a quando arriverà la fatidica domanda:

“allora, che taglia?”

Silenzio. Come un navigato giocatore di poker, stai lì a riflettere con quale dichiarazione aprire, mentre guardi l’avversaria dritta negli occhi.
Lei è esperta, sembra riesca a leggerti nella mente, riesce di sicuro a capire che stai per bluffare…

“44”

sorriso scettico

“44. è proprio sicura?”

“beh, ho sempre indossato la 44, da quando sono nata!”

“certo, ecco la 44. I camerini sono da quella parte” e mentre ti allunga la maglietta, il sorriso si allarga in una smorfia di scherno.

Ti avvii ai camerini, già tutta sudata.
Costi quel che costi, quella maglietta ti dovrà entrare!

“come va?” voce giuliva fuori dalla tenda.

“ehm, è un po’ stretta. Certo però che non ci si può più fidare delle taglie! E la chiamano una 44 questa? Dico io, ma come si fa? Ma li fate per le barbie questi vestiti? Come pretendete che possano stare a persone normali?”

“ecco, le ho portato una 46.”

“grazie”

“e questa come va?”

“adesso si che va bene! Comunque quella di prima secondo me ha la targhetta sbagliata. Stateci più attenti!”

“certo, signora”

signora???

Vabbè, credo che a fare shopping ci andrò la settimana prossima.
Fammi un po’ assaggiare come sono questi ovetti di cioccolato…

perché odio law & order

di maia, 23 Marzo 2007


ok, il titolo è un po’ forte.
In realtà a me law & order piace, quello vero intendo, non la versione fighetta e rileccata che va in onda ultimamente. Mi piacevano le serie originali, quelle vecchio stile, con la coppia di poliziotti sdrucito-cinico-con la battuta sempre pronta/giovane-belloccio-simpatichino, con il capo poliziotto donna nera e con la triade di procuratori capo-nullafacente (a che ricordi io, l’ho sempre visto a fumare o mangiare o leggere giornali)/ procuratore esperto-ma insopportabile/fighissima-procuratrice-giovane.
L’equilibrio era perfetto, le puntate scorrevano via veloci come acqua fresca, nessuna trama complicata, colpi di scena manco per sbaglio, insomma il telefilm perfetto per trascorrere una serata rilassante dopo il lavoro, quando non si ha voglia di pensare a niente.

E allora perché ce l’ho tanto con loro?

Il problema è che io ho difficoltà ad addormentarmi.
Inutile darsi alla lettura, ché anzi se inizio a leggere qualcosa, qualsiasi cosa, fossero anche le istruzioni della crema da corpo (incredibile a dirsi, ma esistono davvero e sono scritte in caratteri così piccoli ed in colori così sbiaditi, che spesso ti ritrovi a cercar di leggere la versione in giapponese senza rendertene conto), non riesco ad addormentarmi finché non l’ho finita (e nel caso delle istruzioni della crema, con un mal di testa aggiuntivo e la frustrazione di non aver capito nulla… menomale che ci son sempre anche i disegnini!)
Inutile provare a contare le pecore, perché inevitabilmente intorno al venti perdo il filo e ricomincio daccapo, innervosendomi sempre di più.
Ed inutili sono tutti i rimedi della nonna, decotti, infusi, intrugli puzzolenti.
Medicine non ne voglio prendere…

Insomma, la situazione era tragica.
Finché la soluzione si presentò da sola, per caso.
Avevo programmato il timer del famoso comby, all’epoca ancora funzionante, per registrare non ricordo che cosa, ma lui è impazzito (o la rai ha cambiato palinsesto all’ultimo, non ricordo) e mi son ritrovata su nastro Angela Lansbury.
Si, lo so, ci son delle persone che non vogliono la si nomini, ma la Signora in giallo è stata il mio toccasana!
E’ bastato sentire quella voce, che son crollata in un sonno comatoso.
Pensavo fosse una coincidenza, ma ho notato che ogni volta che facevo partire il nastro, mi rilassavo immediatamente e mi addormentavo nel giro di pochi minuti.
Dopo qualche tempo, mi bastava sentire l’avvio della sigla per avvertire i benefici effetti…
Così presi a registrarmi tutte le puntate, delle quali non sono mai arrivata a vedere la fine, ma io ero contenta così.
Poi Angela, la mia Angela, è sparita dallo schermo.
Ero disperata, ho cercato un sostituto, inutilmente. Ho provato con Matlock (o come si scrive) ma non era la stessa cosa: mi annoiava ma non mi addormentava.
Ho provato tanti e tanti altri telefilm, ma c’è poco da fare, era proprio la voce della Lansbury che mi mancava e quelle atmosfere così quiete, così protette che mi cullavano dolcemente verso il mondo dei sogni…

Finché retequattro ha riproposto per l’ennesima volta le tremiladuecento serie del tenente Colombo.
Eccolo il sostituto perfetto! La sua voce piatta, le trame comode come pantofole di peluche, come una coperta calda, la mia coperta di linus…
In questo caso non avevo neanche il cruccio di non sapere come andavano a finire le puntate, visto che le avevo già viste tutte più volte ed alcune le sapevo anche a memoria!
Oh che bello, che goduria seguire il tenente nella sua caccia lenta e tortuosa all’assassino (che riesce ad individuare sin dalla prima volta in cui lo vede, ma come farà?).
Che goduria vedergli esasperare il criminale con quel fare finto tonto e rompiscatole, usando una sorta di tortura cinese ma molto, molto più raffinata, fatta di domande continue a tradimento…
Eh si, con lui sul video, si dorme che è un piacere…

O meglio, si dormiva.
Tutto è stato perfetto fino a quando ho iniziato una fine analisi comparata fra le due serie, Colombo e Law & order.
E mi è crollato un mondo addosso…
Tutti quei cavilli, quelle raffinatissime battaglie tribunalizie, quello spaccare il capello su ogni singola prova…
Dio, come si fa a guardare il tenente adesso, che incastra i colpevoli inducendoli a confessare per via di un fiore all’occhiello prima sparito e ricomparso al suo posto qualche ora dopo?
L’ammirazione per suo il cervello, per il modo in cui arriva a risolvere il caso rimane intatta, ma ormai anche un bambino sa che le prove così raccolte e così impalpabili non valgono niente e che basta un avvocatucchio ai minimi sindacali per smontargli tutto l’impianto accusatorio, figurarsi con quale nonchalance lo faranno gli avvocatoni che gli assassini di Colombo, sempre gente ricchissima, possono permettersi!

E così ogni volta che rivedo il povero tenente, me lo immagino a fine giornata nel chiuso della sua casetta, stravaccato sul divano, in canottiera, mutandoni ed impermeabile, una birra in mano, la faccia stanca e rassegnata, a rimuginare sull’ennesima causa persa, all’ennesimo colpevole assolto e all’inutilità di tutto il suo lavoro…
E alla promozione sfuggita per l’ennesima volta…
Che tristezza…

Postato in visioni | Commenta 

« Pagina precedente