Antefatto – I Rompiglioni si laureano
La famiglia Rompiglioni è sempre stata particolare. Un po’ diversa da tutte le altre. Almeno qui da noi.
Non dimenticherò mai la volta che una delle giovani Rompiglioni1 finalmente si laureò.
L’evento era atteso con un’impazienza e una trepidazione come solo la vigilia di Santa Trofimena.
In fondo era la prima Rompiglioni del ramo dei marinari che si laureava. La sorella più grande aveva abbandonato l’università anni prima, la più piccola probabilmente non ci sarebbe mai arrivata, quindi è comprensibile che tutti fossero così eccitati dall’idea di vedere almeno una Rompiglioni inghirlandata.
I preparativi erano cominciati mesi prima.
Le acconciature provate e riprovate, gli abiti, rigorosamente fatti su misura per l’occasione, accuratamente scelti, e poi le scarpe, le borse, gli accessori, tutti coordinati tono su tono. Messe tutte assieme, le femmine dei Rompiglioni erano come un enorme arcobaleno di tutti i colori e di tutte le età.
Il giorno fatidico si presentarono tutti puntuali al punto di ritrovo. Il viaggio non sarebbe stato troppo lungo, la giovane Rompiglioni sarebbe stata inghirlandata in una cittadina poco lontano da qua.
Mezz’ora, quaranta minuti al massimo.
Nulla era stato lasciato al caso, tre borse frigo piene di supporto alimentare, musicassette di Roberto Murolo per il supporto sentimentale e pellicce per il supporto termico. Sì, era luglio, ma vatti a fidare del tempo.
Montarono in macchina, si persero un paio di volte, alla fine arrivarono in vista della meta.
Le mura della cittadina studentesca svettavano basse, fra i palazzotti.
“Da quella parte!” urlò la giovane Rompiglioni, disperando di arrivare in tempo alla propria laurea.
Ma il padre girava in un’altra direzione.
“Dove stai andando, è di là!”
“Stai, tranquilla, cara, passiamo di qua, che abbiamo una sopresa per te”
Svoltarono in un controviale e poi in un altro. In sottofondo si sentiva, sempre più vicina, una musica tonitruante. Pareva quasi l’Aida.
Finalmente ll serpentone di macchine si arrestò, riversò la moltitudine di Rompiglioni in una piazzetta medievale, davanti a una banda musicale ingallonata. Le majorettes facevano turbinare le mazze al ritmo del Trionfo. Una doppia colonna di bimbe in bianco gettava petali per terra, mentre nugoli di colombe si libravano in cielo.
La decana dei Rompiglioni, tutta commossa “Ha visto, cara? Proprio la festa di laurea come la volevi tu, semplice semplice”
- le chiamano “giovani” anche adesso che assommano, in tre, più di cento anni [↩]
Le cose da non dire
Una cosa che mi hanno insegnato in tutti questi anni le mie vere balie, ovvero i cartoni giapponesi (soprattutto Candy Candy) e le serie tv americane (tutte) è che non è sempre male mentire. Che ci sono le bugie fini a se stesse che sono cattive e non vanno mai dette. E che però esistono anche le famose bugie a fin di bene che sono buone. E non è proprio così brutto dirle. Anzi, spesso è un bene dirle. Anzi, vanno proprio dette.
Perché a volte l’altro non è pronto a farsi sbattere in faccia la nuda verità.
Tipo che uno non ha bisogno di circondarsi di gente per divertirsi.
Perché c’è solo una cosa che suona più incredibile alle orecchie di un conoscente del fatto che trovate divertente trascorrere le vacanze da soli. Ed è il fatto che trovate divertente trascorrere il capodanno da soli. Da soli con il vostro lui/lei, intendo.
– Amore, che fate a capodanno?
– Vedessi, mamma, siamo a una festa bellissima, saremo un trecento-quattrocento, in un castello medievale coi ponti levatoi e tutto, con aperitivo, cena pantagruelica, discoteca…
– Ma non ti è mai piaciuta la discoteca!
– …tutti vestiti in maschera e a mezzanotte il cinzanino dolce…
– Ma se hai sempre odiato il pippone! Sin da bambina, But, ci dicevi, volio il Buuut! Insieme ad altre cose, tipo che ti avevamo adottato da un orfanotrofio di pony in america o inghilterra, che una volta diventata capitano delle guardie avresti ucciso i lucertoloni verdi vestiti da umani…
– …e i giochi e i canti e i balli.
– Canti… oh, non sarà mica il caraoche! Hai sempre vomitato davanti al caraoche!
– E il trenino AEIOUY
– Diosanto, IL TRENINO! Allora ve la state proprio spassando! Beati voi, che qui si fa sempre la solita cena fra amici. Godetevela, voi che almeno potete.
– Come mamma? Non ti sento, qui ci si sta divertendo un casino! Aspetta, che rai1 dice che fra poco scocca la mezzanotte e qui è scoppiato il parapiglia! AUGURIIIII!
Poi si aggancia veloci il telefono, si abbassa la musica e ci si allaccia al proprio compagno, nella casa in penombra. Ci si abbraccia e si passa il capodanno a dirsi parole dolci e a servirci i manicaretti prelibati che abbiamo passato l’intero giorno a cucinarci1.
So che suona incredibile, ma questo è per me il migliore dei capodanni possibile.
O almeno lo sarebbe se fossi una pazza festofoba. Che io, non so se ve l’ho detto, il capodanno l’ho passato a una festa bellissima, in un castello medievale con ponte levatoio e tutto.
E comunque AEIOUY a voi, qualunque sia il modo in cui l’avete festeggiato.
- ognuno secondo le proprie capacità culinarie, si intende. Il che vuol dire che lui ha spalmato la salsa da tartine nei vol au vent e io ho fatto tutto il resto [↩]
Il misterioso mistero dei regali di natale
Dunque, ho passato due pomeriggi, due preziosissimi pomeriggi della mia vita a cercare regali per persone a cui presumibilmente non piaccio, che diffidano fortemente di me per la mia provenienza sospetta (vengo da un posto che dista più di 30 km da CuneoCity), per la mia parlata sospetta (“passato remoché?”), per la mia completa accettazione del diverso sospetta (“ma è frocio!” “…” “no, forse non hai capito, è proprio frociofrocio! e non ti fa effetto?” “no” “eh, ma guarda che è pure negro!”).
E niente, nonostante non abbiamo niente in comune, ho deciso di piacere a queste persone e, perdio1, ci riuscirò.
Quindi sono andata al super ed ho acquistato otto regalini. Uno a testa. Niente di che, regalini da poco, che tanto si sa, è il pensiero che conta.
Comunque, mi metto di buzzo buono a impacchettare con maestria i miei preziosissimi regalini, le chiavi della mia futura felicità, quando al quinto pacchetto mi accorgo che ne son spariti due. Di regalini, intendo.
Erano otto, son sicura, li ho contati quando li ho comprati, li ho ricontati quando li ho passati al mio comp uom fidanz, insomma, al mio lui per il controllo prezzo (sono una creaturina sbadata, ho invariabilmente bisogno che qualcuno controlli se per caso non ho lasciato qualche etichetta di troppo sui regali) ed erano sempre, invariabilmente otto.
Passo a fare i pacchetti e son sei.
Come diamine è possibile?
Chi ha fatto sparire i preziosissimi regali? E perché? Che forse il mio coso, lì, avido e geloso dei bellissimi regalini non destinati alla dilui persona, se li è sgraffignati mentre ero tutta presa nel tentativo di arricciolare un bellissimo nastro da pacchetti in ghisa dorata?
Son forse stati degli elfi in pieno panico per l’esaurimento delle scorte di gormiti e cicciobelli vomitini, che pur di regalare qualcosa a bimbi viziatissimi, oltretutto frignoni e fastidiosamente bassi, si son ridotti a rubare i regali della povera gente? Maledetti, maledettissimi nani, l’ho sempre detto che dei tizi piccolissimi vestiti da tirolesi ubriachi e le orecchie a punta non potevano portare nulla di buono!
Perché, dico io, tanta cattiveria nel mondo?
Un po’ di bontà, Perdio, siamo a Natale!
- nb, non si tratta di bestemmia. Perdio è il il passato remoto del verbo “perdere la pazienza”. Oh, se anche voi non conoscete il passato remoto non è mica colpa mia [↩]
La vita è meravigliosa – reloaded
(Come preannunciato ieri, ecco il post di natale che vi avevo promesso.
L’avevo già postato, ve l’ho detto, ma tanto, era vecchissimo, e nessuno se ne ricorderà più. Tranne i più belli di voi.)
Il mio problema è che guardo troppi film.
E ne rimango terribilmente impressionata.
Come quella volta dopo matrix, quando cercavo ovunque la pillolina blu che mi avrebbe fatto risvegliare tranquillamente nel mio letto. Alla fine l’ho trovata. E mi sono risvegliata nella tana del bianconiglio.
O quella volta dopo jfk, quando sperimentavo la teoria del proiettile impazzito dalle finestre di casa.
Ma nessun film, e ripeto nessuno, è pericoloso quanto “la vita è meravigliosa”.
Ricordo quando lo facevano ogni anno in tv. Non appena le case andavano riempiendosi di alberi di natale e panettoni, lui zac! Si presentava in tutto il suo abbagliante bianco e nero.
Odiavo quel film, mi faceva piangere sempre. Mia mamma, inflessibile, ci obbligava a guardarlo. Lei adorava quel film. La faceva piangere sempre.
Ma da un po’ di anni non lo trasmettono più. Non sulle reti principali, almeno. Ogni tanto lo si vede sbucare su qualche canale locale.
Quest’anno, per esempio, era su tv-quartiere 5. Non lo si poteva guardare. La pellicola saltellante, l’audio fuori sincrono. Una pena. E sono stata assalita da un’ondata di nostalgia. In fondo mamma è tanto che non piange più come si deve. Frignucola ogni tanto, ma si vede che non lo fa con vera soddisfazione.
Così sono andata di nascosto in videoteca (in epoca emuliana è diventata pratica inconfessabile) e l’ho visto.
Tutto solo nel reparto Frank Capra. Tutti gli altri erano stati comprati, tutti gli “Accadde una notte”, i “Meet John Doe”, gli “Arsenico e vecchi merletti”… solo lui era rimasto lì. Avrei dovuto capire che non era una buona idea.
E invece l’ho preso.
A casa, tutti erano impazziti dietro il cenone di natale. Non ho provato nemmeno ad offrire il mio aiuto. Da quando ho visto ratatouille mi è proibito l’accesso in cucina.
Mi sono rinchiusa nella cameretta e ho inserito il dvd nel lettore.
Dopo due secondi ero irritata dalla saccenteria di quell’operetta morale, annegata sotto strati e strati di melassa.
Dopo quattro innaffiavo il parquet delle mie calde lacrime.
Santo cielo, mi dicevo, ognuno di noi è importante, ma che dico, fondamentale nella vita altrui! E ognuno è artefice del proprio destino! Se solo lo voglio, posso riuscire in tutto. Voglio fare miss universo? Basta volerlo! Voglio diventare campionessa del mondo di qualunque cosa? Basta volerlo! Voglio diventare miliardaria? Basta volerlo!
Basta mettersi in bilico su un ponte la notte di natale e minacciare di buttarsi di sotto ed ecco che l’angelo di seconda classe comparirà al mio fianco e mi indicherà la strada!
Aspetto trepidante l’avvicinarsi della mezzanotte. Appena mi accorgo che tutti i familiari sono in preda ai fumi dell’alcol e cominciano a cantare novene pasquali, sgattaiolo fuori di casa e mi avvio verso Pont sur Mugnon.
L’avevo scelto con cura.
Doveva essere un ponte abbastanza bello, con eleganza e dignità di ponte da (pseudo)tentato suicidio.
Ma non doveva essere troppo centrale o frequentato, altrimenti correvo il rischio che qualche benintenzionato di passaggio si mettesse in testa di “salvarmi” prima dell’arrivo del mio Clarence.
Pont sur Mugnon è perfetto per questo. Solido, sobrio e isolato.
Mi inerpico sul mezzo metro e passa della spalletta e comincio a guardare verso l’alto.
Niente.
Porta pazienza, mi dico, Clarence e i suoi in fondo operano in america, per quanto angeli, ci vorrà pure del tempo per arrivare sin qua.
Dopo qualche ora comincio a spazientirmi.
“ehi, lassù, mi vedete? Io son qui, sul ponte. Sfiduciata nella vita, nelle mie capacità, ecc ecc. e sto per buttarmi. Capito? IO STO PER BUTTARMI!”
Niente.
“Allora? Siete sordi? IO MI BUTTO, EH”
Niente.
Vabbè, è la notte di natale, magari adesso sono impegnati. Tanto io non ho fretta. A casa sono tutti ubriachi e comunque c’è cibo in abbondanza, almeno fino al ventisette non si accorgeranno nemmeno della mia assenza.
Posso aspettare.
Però fa freddo…
Magari se saltello un po’ mi riscaldo.
Certo, se nevicasse sarebbe meglio. Sarebbe più romantico. Vuoi mettere con questa pioggerellina? E questo ghiacc…
Per fortuna il ponte che avevo scelto non era troppo alto.
Ho qualche costola dolorante e una gamba ingessata, ma in fondo non me la passo niente male.
È vero, è una seccatura rimanere immobilizzati su una sedia a rotelle, però almeno adesso sono al centro dell’attenzione. I dottori hanno detto che devo starmene calma e in assoluto riposo per qualche tempo e i miei mi vezzeggiano premurosamente. Mi hanno addirittura regalato un film!
Ehi, è Hitchcock! Io adoro Hitchcock!
E “la finestra sul cortile” non l’ho mai visto!
Partenze felici – ovvero, come rovinarsi una vacanza prima ancora di partire
E dunque eccolo.
Con una lentezza esasperante, ma alla fine è arrivato.
Non ho mai atteso tanto il natale (e guardato tanto le previsioni meteorologiche) come quest’anno.
No, non sono diventata improvvisamente buona (lo spirito natalizio, che rende tutti quanti così tanto gentili e generosi, non mi avrà mai), è che quest’anno è diverso. Quest’anno me ne vado.
Nulla di esotico o speciale.
Si tratta di qualcosa di finemente erotico. Erotico quanto può esserlo conoscere carnalmente una città che si è lungamente concupita intellettivamente.
Come un amante virtuale che non vede l’ora di incontrare (e toccare, finalmente!) la sua compagna di estenuanti videochattate notturne, io ho vissuto questi ultimi giorni in un misto di tensione preeiaculatoria e ansia da prestazione1.
E adesso che l’ora si avvicina, mi stanno prendendo tutte le paure di questo mondo.
E se quel delizioso alberghetto, giusto in centro, che nelle foto pubblicitarie sembra una reggia, si rivela una catapecchia? E se la famigerata sfiga da overbooking colpisce noi stavolta e finiamo a pernottare nel locale caldaie? E se stanotte rinevica e viene giù una tomenta mai vista e vengono cancellati tutti i voli? E se nell’andare all’aeroporto scivolo sull’ultimo centimetro quadrato di ghiaccio e cado e mi rompo un braccio?
Sì, lo so, in questo momento assomiglio incredibilmente ad un quindicenne brufoloso nel momento esatto in cui sta per addentare la sua prima fetta di parmigiana alle melanzane. Cerco di darmi un contegno (insomma, non posso farmi vedere così in pubblico!) e di pensare positivo.
No, per quanto ritoccate, le foto non possono mentire così tanto. No, l’agenzia con cui abbiamo prenotato è seria, l’abbiamo già usata in passato e non è successo nulla di brutto. No, oggi c’era un sole estivo, la gente usciva per strada in costume e a Palermo facevano addirittura il bagno2. E no, domani mattina non cadrò, se scivolo mi aggrappo al mio uomo (ora, uomo… si vede che lo spirito natalizio alla fine ha contagiato anche me) che mi sosterrà, a costo di cadere lui. E se cade lui, pace, qui siam dotati di ottimi ospedali. E vedrò di non mancargli. Lo inonderò di tante di quelle cartoline da Londra che gli sembrerà quasi di esserci anche lui.
Così, cari amici miei, me ne vado. Cioè, al momento in cui vi scrivo gli aeroporti di Firenze e Londra3 sono entrambi aperti (no, aspetta, adesso no… ah, ecco, adesso sì), quindi è confermato, domani parto, no aspetta… pare sia in corso un’invasione di cavallette sulla pista di Peretola4… ah, ok, risolta, allora sì, è confermato, parto.
Però non vi lascio soli. eh. So quanto potrei mancarvi, a entrambi voi che mi leggete.
Quindi, per il vostro diletto, vi lascio un post che si materializzerà qui il giorno 25 dicembre e ci rimarrà finché non torno.
E’ una roba che ho già pubblicato, ma tanto tempo fa, quindi ve la sarete già dimenticata.
E poi è la cosa più natalizia che io abbia mai scritto e non vorrete mica che in queste condizioni io mi metta a scrivere qualcosa di nuovo!
Un minimo di comprensione, su, siate buoni che siamo a natale!
E se fra un po’ di tempo, facciamo due mesi, il post di natale è sempre lì, senza aggiornamenti, vi autorizzo a preoccuparvi.
Per favore mandate qualcuno a cercarci nel locale caldaie del nostro hotel.
Ci sarà stata sicuramente una fuga di gas.
Buon natale a tutti!
- e se poi i miei capelli non piacessero alla Torre di Londra? e se il Tate Modern odiasse la mia sciarpa a righe? e se non andassi a genio al Big Bang? Dio, non posso fare brutta figura davanti al Big Bang! (o come diavolo si chiama) [↩]
- sto cercando di farmi coraggio, il fatto che qui non stiamo a Palermo non mi sembra davvero un’obiezione da tirar fuori adesso [↩]
- e non mi chiedete quale. Quanti aeroporti ci saranno adesso a Londra? [↩]
- dio, Peretola! Sì, vabbè, lo so che l’aeroporto si chiama con un nome figo tipo GalileoGalilei, LeonardodaVinci o AmerigoVespucci, però per noi è e rimane Peretola. Nei secoli [↩]
Ricorrenze
Loro: taaaanti auguri! Allora! Hai visto che non ce ne siamo scordati?
maia: ehm… veramente era due giorni fa…
Lei: vabbè, meglio tardi che mai, no? E poi comunque se siamo qui vuol dire che alla fine non ce ne siamo proprio dimenticati dimenticati. Guarda, c’è anche il dolce!
maia: ma non è quello avanzato dal compleanno del cane?
L’altra: maremma che tignosa! E questo? Hai visto che ti abbiamo fatto anche un pensierino?
maia: ma tu guarda… assomiglia alla carta in cui era avvolto il regalo per il compleanno del babbo…
Lui: ma insomma! Non ti va bene proprio niente! Scommetto nemmeno il regalo!
maia: No, no, è bellissimo. E’ la più bella cravatta che abbia mai ricevuto!
l’uomo che sussurrava a una renna che aveva scambiato per sua moglie
L’altro giorno c’era su Repubblica un articolo di Oliver Sacks, o comunque di qualcuno che gli assomiglia molto1, che spiegava perché alla gente piacciono tanto i canti di natale.
L’articolo era piuttosto lungo e inconcludente. Così lungo e inconcludente come non ti aspetteresti mai da Oliver Sacks, posto che Oliver Sacks scriva effettivamente come io immagino che scriva.
E insomma questo articolo andava avanti per righe e righe e tu eri sempre lì che lo leggevi nella speranza che ti spiegasse effettivamente PERCHE’ alla gente piaccia così tanto quella paccottiglia sonora mielosa e furbetta, fra l’altro piena di macroscopici errori storici e di cose francamente poco credibili2.
E invece niente, questo Oliver Sacks si dilungava su come la musica agisca sulla corteccia cerebrale e su come influisca sull’alzhemer e sulla sindrome di Tourette e blablabla, senza arrivare minimamente a sfiorare il problema.
Al punto che alla terza pagina cominciavi a chiederti il vero perché di quell’articolo e se l’autore fosse effettivamente Oliver Sacks.
Cinque ore e sei caffè dopo, finalmente, veniva svelato l’arcano. No, non certo perché anche le persone mediamente intelligenti e normalmente refrattarie alle ruffianerie da metà dicembre vengano puntualmente colpite dal morbo di Bianco Natale3.
Finalmente si capiva chiaramente che il vero autore del pezzo non era Oliver Sacks, ma qualcuno che, pur di far comparire un proprio scritto, si fingeva Oliver Sacks, imitandone lo stile piano e banale.
Il trucco sarebbe anche riuscito, non fosse che alla fine il contraffattore si è tradito come il più ingenuo dei bambini.
E infatti, arrivati all’ultimo capoverso, ci si rende conto che tutto l’articolo non era che un lungo, scontato preambolo per annunciare alla nazione intiera la fondamentale notizia che lui, l’autore, ha ripreso a seguire lezioni di piano.
A quel punto non si poteva sbagliare, quel pezzo era di Citati!
La truffa sarebbe talmente grave4 da far gridare allo scandalo, ma in fondo è quasi Natale, siamo tutti più buoni e poi questa jingle bells rock mi mette un’allegria… che l’unica cosa che riesco a gridare sono gli auguri!
Buone Feste a tutti!
- non che io conosca Oliver Sacks di persona. Dicevo solo che scrive come lui.
Non che io abbia mai letto Oliver Sacks. Intendevo dire che il tizio scrive proprio come io immagino scriva Oliver Sacks [↩] - voglio dire, con tutti i regali che deve portare in giro, vi pare possibile che bastino solo dodici povere renne a sollevare la slitta di Babbo Natale? [↩]
- persino la mia amica detta “io ti spiezzo” in questi giorni canticchia con occhio umido mariah carey versione natalizia [↩]
- non esiste, infatti, niente di più scorretto che scrivere lunghi pezzi con la scusa di parlar di qualcosa di serio, quando invece tutte quelle parole non sono che enormi preamboli a un breve, banalissimo messaggio [↩]