di Gennarino, maharajà e catene umane

di maia, 29 Settembre 2010

Stanotte ho sognato di giocare con Gennarino, l’organo sessuale riproduttivo del mio compagno1.
Sarà stata la febbre alta che mi annebbiava la mente, sarà stato che l’ultima immagine che ho visto da semi-lucida ieri sera è stata quella di Elio vestito da maharaja, ma io stanotte mi son vista tutta intenta a giocare convulsamente con Gennarino.
E non il tipo di gioco che pensate voi, questo non è mica un blog erotico2!
Era più una cosa tipo giochi senza frontiere.
L’altra squadra era composta da Sba e credo qualcuno tipo la Paolina.
Dovevamo trasportare, tramite una specie di catena umana, dei piccoli secchi di panni bagnati da un punto all’altro, il più velocemente possibile.
Che poi, non so mica perché, ma nel gioco mi sembrava di dover fare quasi tutto da me!

  1. e smettete di ridere, che tanto si sa che tutti nel privato danno e ricevono nomignoli bellissimi! []
  2. e poi ho già dato in quel senso con un bellissimo post porno []
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Tenero Amore

di maia, 21 Settembre 2010

Che poi io quel pacchetto lussuoso l’ho subito aperto, del resto come resistere ad un così vibrante appello alla Cultura1?
E come resitere alle promesse di un titolo come “Tenero Amore”? Niente, ho lacerato febbrilmente l’involucro ed ho subito scorso il libro alla ricerca di notizie sull’Autore. Quale modo migliore per avvicinarsi all’Opera? Epperò mi son trovata di fronte ad una biografia così vivida, così piena, così esemplare, da non riuscire più ad andar oltre.
Questa vita, mi son detta, non può rimanere nascosta, una vita così va diffusa, va fatta girare il più possibile. Che serva da monito ed esempio alle giovani genti!
E per questo io la diffondo.
Ecco, questo è il profilo2. Prendetene e godetene tutti.

Eveline Bloom

È uno dei pilastri della vita culturale
e musicale di Denver, sua città natale.
Scrivere romanzi è, infatti,
solo una delle sue numerose attività.
Eveline è un’artista a tutto tondo,
oltre a suonare divinamente il pianoforte,
dipinge e scolpisce con passione.
Alle sue mostre, in genere personali,
sono presenti sempre
numerose personalità locali.
In particolare si dedica con costanza,
in qualità di presidente
del consiglio direttivo,
alla Corale Classica
e alla diffusione di nuovi metodi
per l’educazione musicale nelle scuole,
a cui allude esplicitamente
in questo suo ultimo romanzo.
Nonostante i continui impegni
non ha mai abbandonato
la sua principale attività,
essere madre di quattro figli
e ora anche nonna di due nipotini,
i quali non perdono mai occasione
per ricordarle che ha ancora
il fascino e l’energia di una trentenne.
Energia che ha ultimamente
dimostrato conseguendo
insieme all’amatissimo marito
il brevetto di pilota aereo.

  1. ricordo che il libro è un gentile omaggio offerto dalla casa editrice Armando Curcio Editore con “l’intento di diffondere la Cultura e l’amore per la lettura” []
  2. disclaimer: nulla di ciò che segue è frutto della mia fantasia, ogni singola parola, virgola e a capo è stato fedelmente ricopiato dall’originale []
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Cortesie per gli ospiti

di maia, 20 Settembre 2010

E’ proprio vero, girare di città in città, senza sosta, alla lunga crea una sensazione di straniamento.
Ti svegli ogni mattina in un letto diverso e fai fatica a ricordare dove ti trovi. Molti alberghi, poi, si somigliano e va a finire che nei ricordi confondi la stanza di Castagneto Carducci con quella di Roma (entrambe minuscole), quella di Macerata con quella di Marina di Ravenna (entrambe con la tazza del cesso dentro la doccia).
C’è un albergo però che non dimenticherò mai.
E non solo perché gli inservienti vengono a prenderti al parcheggio con le macchinine da golf1 e ti trasportano armi e bagagli fino alla hall2 di extra lusso.
No, la cosa particolare di questo albergo è la gentilezza. E la sensibilità.
Che poi uno dice che in questo mondo di freddi affaristi non c’è più posto per la bellezza e per l’amore per la cultura.
Non è vero! In questo mondo di freddi affaristi esistono alberghi di lusso (con fattorini folli) che tengono al benessere fisico ma anche intellettivo dei propri clienti!
Che questo albergo qui, indimenticabile, di cui purtroppo non ricordo il nome, questo albergo, dicevo, a tutti i propri clienti regala non uno spazzolino, o un accappatoio, o un posacenere, o una lampada da tavola3, come fanno tutti gli altri.
Questo albergo è diverso. Sulla lussuosissima scrivania della lussuosissima suite, infatti, campeggiava un biglietto vergato in lussuosissimi caratteri (forse comic sans, italic) che diceva, più o meno “Armando Curcio Editore e l’Albergo Tal dei Tali, nell’intento di diffondere la Cultura ed il gusto della lettura, hanno il piacere di offrire ai propri Gentili Ospiti questo gentile omaggio. Leggetene e godetene tutti”.
Sotto al gentile biglietto, lussuosamente impacchettati in lussuoso cellophane, i due tomi “Tenero Amore” e “Io e te per sempre”.

  1. sapete quelle che portano i golfisti in giro per buche []
  2. che poi, a ben guardare, in linea d’area si trovava a due centimetri due dal parcheggio stesso, ma vuoi mettere scorrazzare i clienti a velocità folli per il parco dell’hotel, impennando, inclinando il potente mezzo su due ruote, cappottandosi per evitare all’ultimo vecchini improvvidi, provocando più di un infarto, ai vecchini, e facendo perdere completamente i capelli e, peggio ancora, i bagagli, ai poveri clienti sul sedile posteriore []
  3. ehi, è cosa nota che tutto ciò che non è inchiodato per terra è un regalo per i clienti, è inutile che adesso mi chiediate indietro la lampada, il tavolino e il ficus, accattoni! []
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Piccolo manuale di sopravvivenza amorosa – ovvero: pochi semplici consigli per renderlo per sempre vostro

di maia, 6 Settembre 2010

Ed infine, ecco a voi ‘imprescindibile manuale su come tenersi un uomo per sempre. Per Grazia. it consigli infallibili per tenersi il proprio compagno attaccato come una cozza. Visto il clamoroso successo riscosso dalle numerose rubriche sulle relazioni interpersonali fra uomini e donne del terzo millennio (leggi: posta del cuore), abbiamo (abbiamo nel senso di ho. Parlare al plurale conferisce vieppiù autorevolezza), abbiamo, dicevo, deciso di fornire spontaneamente il nostro (di me) decisivo contributo in merito. 
Qui ci occupiamo dei trucchi che la Giovane Donna deve adottare per creare e far sopravvivere una seria relazione amorosa. Non ci importa indagare se la voglia perché, nonostante tutto, il suo compagno le piace veramente, perché ormai si è arresa al fatto di essercisi affezionata, un po’ come al cane, o semplicemente perché terrorizzata all’idea di ritrovarsi nuovamente sola. Noi partiamo dal presupposto di aiutare la Giovane Donna che voglia tenersi l’Uomo che si è procacciata. E dunque, cara Giovane Donna del terzo millennio, è a te che mi rivolgo. Dì la verità, sei stufa della tua inutile autosufficienza? Sei stufa di ripetere (e ripeterti) che si sta meglio con se stesse, che è tanto bello autoanalizzarsi, autorealizzarsi, autoamarsi tutto il tempo? Su, confessalo che ciò che realmente vuoi è quello che denigri in pubblico! E che quando vai a casa dell’amica che “si è fatta incastrare, poverina. Ma guarda come si è ridotta a fare la schiava di quel rimbambito!” in realtà crepi di invidia. Perché è questo che vuoi. Tu vuoi un Uomo, per amarlo e accudirlo. Finché morte (o corna) non vi separi. Vederlo ogni giorno alla disperata ricerca dei calzini che lui stesso ha buttato sotto il letto, assistere alle sue scenate perché non sa dove stanno di casa le proprie mutande, ammirarlo, novello arlecchino, mentre si contempla allo specchio, smarrito, senza avere il coraggio di chiedere ancora una volta se quei pantaloni si accordano con quella camicia e quella giacca… Oppure saperlo afflosciato in salotto, avvinghiato a un telecomando che non usa, dal momento che piomba in catalessi nell’attimo stesso in cui il suo fondoschiena sfiora il morbido tessuto del sofà, mentre voi in cucina, stiranti, piangete guardandovi le registrazioni di centovetrine e elise di rivombrose e sognate Richard Gere in tenuta da marinaretto sul suo bel cavallo bianco che vi porta via da quel mondo triste di appretti con il manico… Chi è che non vorrebbe tutto questo? Ebbene, care amiche, voi lo avrete! Ma per raggiungere tale obiettivo, bisogna innanzitutto convincere l’Uomo a farsi sposare. O quanto meno a instaurare una felice e duratura convivenza. Come fare? Partiamo per gradi. Ammesso e non concesso che voi Giovani Donne siate sopravvissute a una delle tecniche di seduzione messe in atto dall’Uomo Conquistatore, adesso vi trovate davanti al difficile compito di trasformare l’insensatezza di una notte in una relazione stabile. E il modo migliore per riuscirci è convincere il prescelto che la stabilità è l’ultima cosa che vi interessa. Insomma, dovete fare le preziose. Fargli intendere che se accettate di uscirci così spesso, è solo perché in fondo vi fa un po’ pena.
Attenzione, cercate di non essere troppo realistiche, altrimenti la preda potrebbe rimanerci male e non invitarvi più. Tutto sta nel trovare la giusta miscelazione fra noncuranza e affettuosità. Fra indifferenza e sesso sfrenato. A quel punto l’Uomo, che proprio non si capacita di come possiate essere immuni al suo fascino e che pure ha assaggiato e non può più fare a meno della vostra passionalità, è vostro. E qui iniziano i guai. Perché dopo due secondi due che vi si sarà dichiarato, l’uomo si sentirà oppresso, legato ad un cappio del quale non si era accorto e vi coinvolgerà in un estenuante minuetto, un sottile gioco di nervi, fatto di bugie, mezze verità e scuse incredibili. Voi dovrete sopra ogni cosa mantenere la calma. Sempre e comunque. Passiamo a un esempio pratico. Quante volte capiterà di trovarlo irreperibile fino alle tre-quattro di notte e a vostra domanda risponderà: ero fuori con un amico… Bene, in questi casi non, e ripeto NON, partire con l’attacco frontale. Sarebbe il modo perfetto per iniziare diatribe senza fine. E se non lo avete ancora sposato, non potete permettervele. Respirate, contate fino a dieci, e poi provate a imbastire un’amabile chiacchierata sul suo “amico”. Se sarete abbastanza abili e apparentemente distaccate, già al secondo scambio di battute verrà fuori che l’amico è in realtà un’amica, ma di vecchissima data. Di quelle con cui ci sono tanti ricordi in comune. Che certo che ci sono andato a letto, ma era una vita fa, prima di conoscerti, quando ero ancora un ragazzino. E ora non significa più niente per me, anzi… mi fa quasi effetto vedere come si è ridotta oggi… Certo, è vero, è la prima con cui ho fatto sesso, e la prima volta non si scorda mai, ma attrazione… zero! Bene. In questi casi dovete mantenere assolutamente la massima padronanza di voi stesse, non cedere su nessun fronte, niente occhio lucido, niente flessione nella voce, nessuno sguardo assassino. Voi siete tranquille. Voi siete il simbolo dell’amabilità, della rilassatezza, della comprensione. E quindi… avete parlato tutte quelle ore… Certo! Avevamo tanti di quei ricordi da rispolverare… è stato bellissimo. Cioè, anche un po’ noioso. Molto noioso, a dire il vero. Beh (con tono giocoso), se era noioso potevi tirar fuori una scusa e tornare a casa, no?
 Sì, ma come si fa… insomma, ti fai prendere dalle chiacchiere… poi mi doveva parlare dei suoi amori disastrosi, mica potevo lasciarla lì, così… Voi ridete, approvate, gli versate da bere, incoraggianti. Te pensa che a un certo punto dall’autoradio è cominciata a uscire una musica… 
Autoradio? Eravate in macchina?
 Eh, sì, una macchina scomoda… che nemmeno i sedili si possono abbassare… ma dicevo della musica… una lagna… che io proprio non ce la facevo, mi buttava giù, mi ammosciava… nel senso che era veramente brutta, eh. Certo, capisco… altro vino (birra/vodka/rum/martini/whisky/crodino)? Oh, grazie. Ma cosa stavo dicendo… ecco… allora noi… (qui è FONDAMENTALE il sorriso rassicurante, materno) Ma no, non voglio mica saperlo! Sono fatti vostri quello che vi siete detti. Solo per la prossima volta… ecco, se decidi di uscire con degli amici all’ultimo, avvertimi (innestare la vocina dolce, sguardo da gattina) che a non sentirti mi ero quasi spaventata…
 Ma no, perdonami! Fra l’altro volevo chiamarti, però ho scoperto di avere il cellulare scarico… Ma certo, lo avevo intuito! Povero caro, chissà come ci sei rimasto male quando te ne sei accorto… chissà che patema d’animo… vieni qui, piccolo… lo vuoi un massaggino? ma perché non andiamo a letto? Staremo più comodi…
 E gli regalate i cinque minuti (sette, se proprio è uno stallone, e allora è comprensibile che vogliate tenervelo stretto) più intensi che abbia mai avuto. A quel punto lui non capisce più niente. È dall’inizio della conversazione che si sente braccato. Di più, è dalla serata cornificante che si sente in colpa e voi, non solo non lo attaccate, ma lo coccolate, lo avvolgete nel vostro amore, nella vostra comprensione, nella vostra passione! Allora sarà convinto di potervela dare a bere sempre. E vi farà la proposta.
(continua) Nb l’esempio pratico sopra riportato è basato su situazioni di fantasia. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale. Capito? Sì, te che mi leggi. Non mi riferivo affatto a quello che mi hai raccontato l’altra sera, lo so che siete solo amici. Altro vino (birra/vodka/rum/martini/whisky/crodino)?

QUANDO È TROPPO È TROPPO! – il dramma di una donna.

di maia, 3 Settembre 2010

ovvero il terribile e sottovalutato tema della discriminazione nei confronti delle donne tettute, per Grazia.it

Qualcuno mi deve spiegare perché i produttori di biancheria intima son convinti che oggi la donna standard sia secca come un chiodo (e fin qui…) e che quella ben formosa arrivi al massimo a una quarta abbondante di reggiseno.
Va bene che già mentre sbirci dalla vetrina di uno dei tanti negozi di corsetteria1 e vedi che le commesse son tutte ragazze più somiglianti a scope2 che a esseri umani, va bene che quando le vedi, dicevo, dovresti farti venire almeno qualche sospetto. E non entrare.
Ma quando, attratta da tutta quella graziosissima biancheria multicolore, proprio non riesci a resistere e varchi la fatidica soglia e vieni assalita da scope fameliche3 che ti circondano di ogni sorta di reggiseni, in microfibra, in pizzo, lisci, ricamati, a balconcino-maculato-blé-e-marrone (sic!), te sei lì che ti perdi e pensi sì, voglio questo e questo e questo e questo e non ci pensi più alle scope.

Allora, non sono DE-LI-ZIOOO-SI? Li vuol provare? Che misura?

Quarta coppa D, grazie.
COOOPPA D? Ma non esiste! Ecco, glieli porto quinta coppa C.

Mi scusi, ma so già che non mi stanno…

Ma non è possibile che non le stiano! Li producono fino alla quinta coppa C, QUINDI vuol dire che la quinta coppa C le sta!

Ecco, non so bene perché, ma a me questo sillogismo mi fa sempre infuriare.
La scopa se ne accorge e assume quell’espressione di è-inutile-che-ti-ribelli-il-tuo-scalpooo-sarà-mioooo e si vede che farà di tutto per convincerti che quel minuscolo pezzettino di stoffa che ti copre a malapena il capezzolo sia il reggiseno dei tuoi sogni.
Allora te lo indossi e le fai notare, con infinita pazienza, che quel reggiseno no, proprio non ti sta.
Ma lei mica si arrende! E tira fuori una serie di robe che persino mia nonna, pace all’anima sua, si sarebbe rifiutata di indossare.
E c’è pure lo slip coordinato! Un bellissimo mutandone, lievemente contenitivo, stile Fantozzi al mare…
Ora io mi chiedo, perché? Perché? Che male vi abbiamo fatto noi donne un poco più tonde?
Cos’è, una specie di subdola vendetta? L’anatema di qualche disegnatrice di biancheria che madre natura ha fatto piallata?
Voi c’avrete le tette vere, ma reggiseni come dio comanda, no, non li avrete mai!

  1. era dal 1910 che non sentivo usare questa parola. Però mi piace []
  2. bellissime, per carità, alte, slanciate, come scope nulla da dire []
  3. fameliche di soldi, ovviamente, non certo di cibo []

ma papà ti manda sola? reloaded

di maia, 2 Settembre 2010

ovvero, Piccolo prontuario di conversazione per giovani donne che viaggiano sole

Prosegue la serie di post pubblicati per Grazia.it
Ecco l’immancabile post estivo. Un po’ ritardatario, magari, ma sempre utile.

Ogni giovane donna che usa viaggiare da sola sa bene che prima o poi le capiterà una conversazione del genere:
No, dai, sul serio, con chi vai?
Da sola, te l’ho detto.
Eddai, su… a me puoi dirlo… Occhei, magari vai davvero da sola, ma poi lì chi c’è ad aspettarti?

O questa:
No, dai, sul serio, perché?
Perché mi piace.
Eddai, su, smettila di far la misteriosa. Perché?

E sa bene che quando capita, non ci sarà risposta sincera che tenga. L’interlocutore (o l’interlocutrice), risultandogli(le) assolutamente incomprensibile che il viaggio in solitario possa essere semplicemente bello, non vuole la verità. Lui (o lei) vuole spiegazioni complicate, motivi fuori dall’ordinario.
Ed è per venir fuori dall’impasse che ho preparato questo piccolo prontuario.
Quattro risposte diverse che prese singolarmente o anche, perché no, combinate abilmente fra loro, vi garantiranno la liberazione da domande pressanti e da conversazioni-interrogatori senza fine.
Per sempre.
Ma vediamole.

Quando vi verrà posta la fatidica domanda, rispondete pure tranquillamente:
E va bene. In realtà viaggio da sola perché:

1) sono misantropa.
Sotto questa copertura di essere sociale e amichevole si nasconde un essere asociale che odia l’intero genere umano.
Ma mica tanto per dire.
Quando passo più di cinque minuti con una persona, sento crescere un prurito sempre più violento.
 Un prurito alle dita. Alle mani. Al coltellino svizzero che tengo in tasca.
E sento il bisogno di togliermelo. Il prurito.
 Sgranchiendomi le dita. 
Le mani. 
Il coltellino svizzero che tengo in tasca. 
Ma il numero dei miei conoscenti spariti nel nulla dopo una piacevole serata trascorsa insieme comincia a ingrossarsi troppo, per questo preferisco non frequentare più nessuno.
A proposito, tu che fai stasera? 
Impegni?

2) sono sessuomane.
Ecco, vedi, sotto questa copertura di essere angelico e amichevole si nasconde un’assatanata di sesso.
Ma mica del solito sesso banale… Io ho bisogno di più.
Adoro andare a letto con degli sconosciuti, quindi ogni tanto devo prendermi una settimana di vacanza e partire per un posto lontano, meglio se all’estero.
 Già durante il viaggio inizio ad allenarmi con l’autista, il controllore, il pilota, lo steward, il vicino di sedile… 
Poi, arrivata sul posto, mi dedico ai camerieri, al direttore d’albergo, ai vicini d’ombrellone… 
Insomma, mi faccio tante nuove amicizie.
A proposito, ho sentito che stai con un/una nuovo/a ragazzo/a. Ancora non l’ho conosciuto/a. Quando me lo/a presenti?

3) sono un licantropo.
Sembra incredibile, lo so, ma sotto questa copertura di essere innocuo e amichevole si nasconde un mostro.
Ma mica un mostro in senso metaforico.
Ogni singola notte (se la conversazione si svolge di giorno)/ogni singolo giorno (se si svolge di notte) che dio manda in terra, appena la luna (il sole) splende alta/o nel cielo, la mia pelle comincia a ispessirsi, grossi peli brizzolati e spatolosi cominciano a ricoprire il mio corpo, mentre la schiena comincia a incurvarsi, le gambe si accorciano e le orecchie cominciano a allungarsi. 
In breve mi trasformo in qualcosa di spaventoso. 
E il peggio è che questa malattia è altamente contagiosa.
 Basta anche un lieve sfioramento, un’alitata, una gocciolina di sudore per trasmetterla!
A proposito, guarda che la bottiglia da cui stai bevendo è la mia.
 Ma fai pure, mica mi scandalizzo se bevi a boccia, lo faccio sempre anche io!

4) sono La Signora in Giallo.
Elementare Amos, sotto questa copertura di donnina simpatica e amichevole si nasconde Jessica Fletcher1.

Care giovani amiche, usate fiduciose questo manualetto.
Ciascuna di queste risposte l’ho testata personalmente.
E funziona!

  1. in questo caso non sono nemmeno necessarie ulteriori spiegazioni []

cena di società reloaded

di maia, 1 Settembre 2010

Secondo pezzo per il blog di Grazia.
Visto che oggi è il primo giorno del mio nuovo lavoro, mi sembra giusto celebrarlo con un ricordo di una giornata particolare di uno dei miei precedenti lavori.
Buona lettura.

Così anche quest’anno ci siamo. Puntuale come un condono tremontiano, è arrivato il momento della famigerata Cena Aziendale.
La volta scorsa non avevo partecipato all’evento per problemi personali (ora non ricordo più se per via delle papille gustative interrotte o il gomito che faceva contatto con il piede), ma più o meno so già cosa mi aspetta.
 Oltre alla solita allegria sincera e spontanea che si può riscontrare in ogni festa aziendale, in questa, a differenza delle cene che si facevano dove lavoravo prima, c’è qualcosa di più.
Non si tratta più solo di mangiare e bere1. Qui si gioca pesante.
La serata comincia alle sei e mezzo, nella sala conferenze dell’albergo/villa medicea scelta per l’occasione. Tutti i dipendenti si accalcano nelle ultime file. Alcuni sembrano giocare allegramente a sbarbacipolla, ma, a un’analisi più attenta si vede benissimo che sono gli ultimi arrivati che, pur di non finire seduti nelle prime file, cercano di togliere il posto con la violenza e l’inganno a chi è stato più previdente di loro e ha saltato il cocktail di benvenuto pur di piazzarsi in posizione strategica. 
Il Capo, microfono alla mano, comincia a richiamare a gran voce i più violenti e li fa accomodare in prima fila.
Una volta ristabilito l’ordine, comincia lo show.
Si parte coi ringraziamenti per essere venuti e, subito, un paio di battute esilaranti2. 
Tutti ridono. Proprio tutti. Anche i nuovi arrivati.
 Il merito è dei più “anziani”3 che con un elaborato sistema misto di gomitate ben piantate nei fianchi e pulcisecche nelle cosce, fan capire ai neofiti quand’è il momento giusto per ridere e quale quello per apparire seriamente interessati al discorso4.
Una volta terminata la slide coi grafici sui risultati economici dell’anno, parte un filmato sui successi commerciali dell’azienda.
Il Capo, sorridente, stringe la mano al presidente della Polonia, bacia il sottosegretario agli esteri rumeno, brinda con qualche magnate di Casalpusterlengo.
Le immagini vengono alternate a quelle di folle oceaniche plaudenti. In sottofondo parte una musichina sempre più invadente. Sale di tono, compaiono delle scritte sullo schermo a mo’ di karaoke. I dipendenti si alzano come un sol uomo (comprese le due che si erano opportunamente nascoste dietro le sedie di quelli davanti per mangiarsi in santa pace un panino al prosciutto) e iniziano a cantare Menomale che il Capo c’è!
Il Capo, commosso da tanto affetto, estrae con mossa plateale ma elegante, da vero attore consumato, una serie di oggettini da un pacco. Sono sue foto autografate, stampate su rara pergamena, deliziosi regalini con cui omaggia i propri dipendenti.
Tutti ridono felici, baci, abbracci, champagne. Fine spettacolo.
Finalmente si cena.

  1. in occasioni del genere, si sa, quando devi passare intere ore in ambiente seminformale col tuo capo, col quale chiaramente non sai di che cosa parlare se non ci sono argomenti lavorativi di mezzo, l’unica è riempirsi continuamente la bocca di cibo e vino, mantenendo un sorriso ebete per tutto il tempo []
  2. metti un microfono in mano a un Capo e questi, indipendentemente da età, attitudini e carattere, comincerà a gigioneggiare impunemente, sentendosi improvvisamente un ibrido fra Bisio e Padoa Schioppa. Spiritoso come il primo e autorevole come il secondo. Pensa lui []
  3. si riconoscono perché son quelli che durante il discorso del Capo hanno gli auricolari dell’ipod nelle orecchie, ma sanno ugualmente il punto esatto in cui inserire la risata. Anni e anni di riunioni simili li hanno ormai addestrati a riconoscere alla perfezione cosa il Capo si attenda dal suo uditorio, semplicemente analizzandone la mimica []
  4. a qualche nuovo arrivato un po’ più lento nel comprendere la segnaletica può capitare di invertirne il significato e di mettersi a ridere sguaiatamente mentre il Capo sta illustrando come gli utili siano drammaticamente dimezzati nel corso dell’ultimo semestre. In tal caso non avranno più cene aziendali di cui preoccuparsi []