segni

di maia, 29 Giugno 2007


Quando, alle quattro di notte, su due auto sgommanti, di cui una guidata da una futura sposa completamente ubriaca, con un occhio chiuso "per vedere meglio", senza documenti e con un fanale rotto, e l’altra guidata dall’unica completamente sobria del gruppo, il blocco della guardia di finanza ferma la seconda…

Allora capisci che nulla potrà guastare il futuro matrimonio.

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questo pazzo pazzo pazzo pazzo mondo

di maia, 21 Giugno 2007

Riemergo dopo lungo periodo di clausura lavorativa e mi rendo conto che il mondo in mia assenza è andato tranquillamente avanti per conto suo.
Provo a rimettermi velocemente in pari dando una scorsa ai titoli dei quotidiani e ci trovo notizie meravigliose.

Scopro che è in corso una guerra fra USA e Cina a suon di pistacchi.

Che il futuro della Philip Morris è nel tabacco da masticare. Allegato ad ogni pacchetto regaleranno un paio di speroni, un cappello da cow boy ed una mappa per raggiungere luoghi incontaminati e spazi infiniti da colonizzare nel far west, la Cina, troppo occupata nella guerra dei pistacchi per rendersi conto dell’imminente invasione di yankee nostalgici e invasati, armati di medicinali scaduti.

Che Vittorio Emanuele di Savoia vuole gli sia dedicata una strada di Potenza. "Certo che me lo devono! Era una città che non conosceva nessuno, l’ho lanciata io." (è vera, giuro, da repubblica dell’undici giugno).

Che il Rio delle Amazzoni è diventato da qualche giorno il fiume più lungo del mondo. Lo ha stabilito una spedizione brasiliana. Mi aspetto al più presto che una spedizione egiziana scopra la vera sorgente del Nilo duecento chilometri più a sud di quanto pensato finora. E che una successiva spedizione etrusca riesca ad individuare la vera sorgente dell’Arno in uno dei monti della catena dell’Himalaya.

Che nel 2060 ci sarà l’Apocalisse. Prepariamoci, lo diceva Newton, mica un mago Otelma qualunque.

Che stanno tornando di moda le spalline e gli abiti stile anni ’80. Non sarà mica questo il primo segno della suddetta Apocalisse? E dire che mi stavo appena abituando ai pantaloni a zampa di elefante e punto vita ad altezza caviglia...

Che lo stilista Valentino in passato è stato attraversato da un intenso senso di paternità. "Una volta in Marocco, tanti anni fa, passavo con la macchina sui monti dell’Atlante e ho visto un bimbo, un pastorello berbero di 4 anni. Avrei desiderato tanto poterlo adottare ma non è stato possibile." Poi poco più avanti ha visto un negozio di tappeti. E’ stato attraversato da un intenso senso di shopping compulsivo.

Che il Vaticano ha proclamato peccato (mortale?) il sorpasso pericoloso. Ha addirittura stilato un decalogo per chi guida. Fra le cose raccomandate, farsi il segno della croce prima di iniziare il viaggio e recitare il rosario durante tutto il percorso. Magari così durante i viaggi si eviteranno anche i sorpassi pericolosi, ma poi chi ci protegge dai  colpi di sonno?

Che il Santo Graal esiste e si trova in una chiesa in piena Roma. "Lo confermerebbero delle iconografie medievali rappresentanti il Sacro Calice all’interno della Basilica, orientate verso le adiacenti catacombe". Grande scalpore ha suscitato la notizia, finché non ci si è resi conto che si trattava di alcune decalcomanie omaggio per gli spettatori del film "Il segreto dei Templari".

Che è nato il "cane da coccinella". Ovviamente negli States.
Questa mi son rifiutata di leggerla.

Insomma, basta che ti distrai un attimo e mille cose imperdibili accadono a tua insaputa.
Così ho deciso di perdermele volontariamente.
Partirò per un breve fine settimana rilassante a sfondo musicale.
Rigorosamente senza giornali.
A presto. E, mi raccomando, non tenetemi informata.

saggezza popolare

di maia, 21 Giugno 2007

Mi hanno sempre detto che "tutti i nodi vengono al pettine" e che "il tempo è galantuomo".

Bene, neanche un anno fa si leggeva questo:

"Lo scudetto 2006 è dell’Inter.
La Figc ha assegnato ai nerazzurri il titolo revocato alla Juventus: per la società di Massimo Moratti è il 14° scudetto. Il patron: "Provo piena soddisfazione".
(…)

Il patron nerazzurro Massimo Moratti accoglie la notizia con grande piacere. ‘Provo piena soddisfazione per l’assegnazione del titolo alla societá e alla squadra che si è comportata correttamente’. A fargli eco è il presidente Giacinto Facchetti: ‘Questo è lo scudetto della correttezza e del rispetto delle regole.’"

Tutto molto commovente.

oggi invece si legge questo:

"Inter e Milan, l’accusa è di falso in bilancio
Per i nerazzurri iscrizione irregolare alla stagione 2005-06: ma si va verso la prescrizione

(…)

Galliani e Moratti sono dunque accusati dal pm Nocerino di aver «esposto nei bilanci fatti non rispondenti al vero su attività e passività, allo scopo di evitare di evidenziare perdite che avrebbero comportato l’obbligo di ripianarle e/o di ridurre il capitale sociale entro il successivo esercizio »"

E io che agli adagi popolari non avevo mai dato troppo peso…

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eureka

di maia, 13 Giugno 2007

Me ne stavo tranquillamente spaparanzata alla mia scrivania a giocare a morra cinese con me stessa, piuttosto irritata dal fatto che fosse sempre la mano destra a vincere, quando l’immobile silenzio che aveva preso possesso di tutto l’ufficio è stato squarciato da una sirena.
A giudicare dal tonfo nella stanza accanto, quel suono, sinceramente antipatico, doveva aver fatto svegliare di soprassalto la mia collega ed averla precipitata sul pavimento.
Dannazione, mica ci avranno chiuse di nuovo dentro?
Mirella! Una collega del piano di sotto, costantemente persa nel suo mondo. Capita si alzi improvvisamente dalla scrivania, inserisca l’allarme, esca e chiuda a chiave l’ufficio, senza dire nulla a nessuno. Se succede durante la giornata, di solito le urla e gli strepiti delle altre colleghe e dei clienti riescono a fermarla in tempo.
Se succede nel pomeriggio, quando rimaniamo una per stanza e ci concediamo chi un meritato riposo, chi una telefonata intercontinentale, chi giochi intellettivamente superiori per tenere sveglia la mente, è difficile che qualcuno se ne renda conto. Così la prima che si alza dalla scrivania e si mette a girare per l’ufficio fa scattare la sirena.

“Mirellaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!”
Un unico ruggito si leva da tutte le stanze.
“Che c’è?”
Uhm… se Mirella è qui, questo non può essere l’antifurto.
Improvvisa, una lieve pioggerella inizia a posarsi, delicata, sui nostri capi e sui pc accesi e sui fili della luce, scoperti.
Una porta si apre, sbattendo violentemente contro il muro.
Un ometto paonazzo in volto muove freneticamente le minuscole zampette e si precipita, con il cestino della carta verso il bagno.
Sentiamo aprirsi lo scroscio della doccia.
Sentiamo anche un forte odore di bruciato misto a quello, inconfondibile, di sigaro invadere il corridoio.
“Che avete da guardare? E’ successo che… e’ successo che stavo cancellando delle scritte da un foglio, ho sfregato così forte con la gomma da produrre scintille… che sono cadute nel cestino! E poi… e poi un raggio di sole più forte degli altri è penetrato dai vetri, è passato attraverso le lenti dei miei occhiali e ha colpito le cartacce del cestino, dando vita ad un principio d’incendio. Avete presente Archimede Pitagorico, no?
Ma ora è tutto sotto controllo.
Tornate alle vostre occupazioni! Svelte!”
Aiuto la mia collega a rialzarsi.
Ci guardiamo in faccia, uno sguardo veloce al cielo plumbeo fuori dalle finestre, uno sguardo al capo che rientra con nonchalance nella sua stanza.
E torniamo alle nostre occupazioni.

Accidenti, la destra, ancora!

un’altra catena inutile

di maia, 10 Giugno 2007

Più fastidioso delle zanzare tigre, più inesorabile del caldo estivo, più terrorizzante dell’allarme sosta in doppia fila (esiste, giuro, l’ho letto su un autorevole quotidiano; chissà se verrà allertata la protezione civile o se interverrà direttamente l’esercito), il Signore delle Catene ha colpito ancora.

Questa volta ci chiede di riportare gli incipit dei cinque libri che ci ritroviamo più a portata di mano.
Bene, parteciperò al giochetto, ma, come già Marta prima di me, lo farò a modo mio.
Quelli che leggerete saranno gli incipit degli ultimi cinque libri che mi sono stati regalati.
Andiamo con ordine.

I primi due li ho ricevuti come strenna natalizia da parte di un totale incompetente in campo musicale, ma che ha molto, molto gusto nello scegliere i regali.
Sono:

1)”Tonight at noon” di Sue Graham Mingus.

“Conobbi Charles Mingus nel luglio del 1964, poco prima di mezzanotte. Ero andata al Five Spot, un jazz club in lower Manhattan, perché il produttore di un film in cui recitavo aveva commissionato la colonna sonora al sassofonista Ornette Coleman – o almeno pensava di aver commissionato una colonna sonora – e il mio amico Sam Edward mi aveva suggerito di andare lì per capire come stavano le cose. Non sapevo assolutamente nulla di jazz.” (Non è un caso, quindi, che i musicisti del gruppo di Mingus avessero qualche remora a farsi gestire in tutto e per tutto dalla vedova dopo la morte del marito).

Di questo libro ho già accennato nei commenti a un post precedente. La scrittura è scialba, piena di ripetizioni e poco interessante, ma gli episodi riportati sono gustosissimi. E se anche non proprio tutti fossero veri (la signora tende a magnificare forse un po’ troppo le proprie virtù), è comunque piacevole leggerli.

Assolutamente impedibili certi aforismi e certi giudizi al vetriolo nei confronti della musica e dei musicisti contemporanei attribuiti al contrabbassista. Una su tutte, la risposta a chi gli chiedeva cosa fosse per lui la creatività:

“Chiunque può suonare in modo strano, è facile. Il difficile è suonare in modo semplice, come Bach. Rendere complicato ciò che è semplice è una banalità. Rendere ciò che è complicato semplice – assolutamente semplice – questa, è la creatività”.

Nel libro è raccontato minuziosamente il progressivo rinchiudersi in sé stesso di Mingus, il suo duplice distacco dal mondo: quello fisico, per via della malattia che lo immobilizza poco alla volta, e quello artistico, che sente sempre più lontano, vista la sua incapacità di accettare la mutazione del modo di fare musica, soprattutto dopo l’avvento degli strumenti elettronici.

In poche parole è un libro da consigliare, ma solo agli appassionati del genere (jazz).

2)“le canzoni di Tom Waits. Commento e traduzione dei testi.” a cura di Eleonora Baragotti.

Il titolo parla da solo. In questo caso è inutile riportare l’incipit, molto meglio aprire una pagina a caso e trascrivere la prima strofa che trovo.

“down the shore everything’s alright, you with your baby on a saturday night,
don’t you know that all my dreams come true, when i’m walkin’ down the street
with you, sing sha la la la la la sha la la la.”
(da “jersey girl”)

Nel libro vengono riportati interessanti aneddoti su come tutti i pezzi compresi fra “Closing time” e “Blood Money” hanno visto la luce. Peccato solo le canzoni non siano riportate integralmente. Per appassionati.

3)“La variante di Luneburg” di Paolo Maurensig.

“Sembra che l’invenzione degli scacchi sia legata a un fatto di sangue.
Narra infatti una leggenda che quando il gioco fu presentato per la prima volta a corte il sultano volle premiare l’oscuro inventore esaudendo ogni suo desiderio. Questi chiese per sé un compenso apparentemente modesto, di avere cioè tanto grano quanto poteva risultare da una semplice addizione: un chicco sulla prima delle sessantaquattro caselle, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza, e così via…

Ma quando il sultano, che aveva in un primo momento accettato di buon grado, si rese conto che a soddisfare una simile richiesta non sarebbero bastati i granai del suo regno, e forse neppure quelli di tutta la terra, per togliersi dall’imbarazzo stimò opportuno mozzargli la testa”

Il fatto che il libro prenda il via con una leggenda non è un caso. Nonostante anche sul risvolto di copertina venga presentato quasi come un giallo, leggendolo ben presto ci si rende conto che si tratta di tutt’altro. E’ un gioco di scacchi. Fra i protagonisti. Fra l’autore e i lettori. Appassionante, teso, romantico, ma sempre sobrio. Una favola amara, senza lieto fine.

Quando è uscito, ha riscosso un certo successo. Io, da brava bastian contrario che snobba tutto ciò che va di moda, me lo stavo perdendo. Ringrazio Riccardo che me l’ha fatto conoscere.

Da consigliare a tutti.

4)“Tutto quello che è stato” di Fulvio Frezza.

“Ho cominciato a seguirla esattamente tre mesi fa: Non avrei mai creduto di poterlo fare, di esserne capace. Poi è successo tutto così, all’improvviso. L’ho vista per caso. Ecco, questo è stato il momento. Eravamo insieme nello stesso cinema, a vedere “In the mood for love”. E ho capito che non avrei più smesso”.

Lo confesso, ho barato e quello che ho riportato non è l’incipit del libro vero e proprio, ma del racconto che io preferisco, “Seguendo Silvia”.

Perché si tratta di una raccolta di racconti molto brevi, molto diversi l’uno dall’altro. Nelle situazioni e nei generi, certo, ma soprattutto nella scrittura e nel ritmo usati dall’autore.

Come la classica scatola di cioccolatini assortiti, è da consigliare a tutti: ciascuno troverà quello di suo gusto. I veri golosi lo divoreranno tutto.

5)“Imbuti” di Corrado Guzzanti.

“Buonasera, mi chiamo Brunello Robertetti, nasco poeta e vado avanti così. Sono un fans appassionati e potenziale pericolosi della signora Valeria Marino, lo sono in maniera disacerbante. Non guardo in faccia a nessuno né ora né oramai sono abituato. Sono una p’sona democratici. Ho rispetto per gli omosessuale e i negri purché i due fenomeni non si presenta contemporaneamente.”

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c’è amore nell’aria

di maia, 7 Giugno 2007

Love is in the air, come diceva una vecchia canzone (e la pubblicità delle scarpe). E non solo l’amore è nell’aria. Insomma, guardatevi intorno, è tutta un’orgia di sentimenti. Anche sui blog. Chi si interroga sull’amicizia, chi su un amore finito, chi sulla spiritualità riconquistata…

Anche io, nel mio piccolo, voglio contribuire con una riflessione.

Si è discusso a lungo sulla possibilità che anche gli animali provino sentimenti proprio come i noi. I padroni di cani e gatti e pesci rossi non hanno il minimo dubbio in proposito. Ma scommetto che anche i padroni di iguane vedono negli occhi della proprie bestiole la luce inconfondibile che solo un affetto sincero riesce ad accendere.
Beh, io la penso esattamente come loro.
Di più, son convinta che il regno animale non è l’unico toccato dalla grazia dell’affettività. Questo dono è troppo grande per essere destinato solo a pochi eletti.

Pensiamo alle piante d’appartamento. Quelle poverette, zitte tutto il giorno, chiuse in stanzette minuscole, il più delle volte male illuminate, senza niente da fare, alla fine muoiono d’inedia. Quanto più belle sono se le si riempie di coccole! Con che vigore crescono se ci parliamo, facciamo loro ascoltare un po’ di buona musica, le abbracciamo, ogni tanto allunghiamo loro una cicca o due (non troppe, il fumo fa male) e nel giorno della festa bagniamo appena appena le radici con un buon rosso!
Certo, sono difficili da interpretare, ma con un poco di applicazione secondo me riusciremmo ad intendere i messaggi che ci mandano.
Il mio ficus, per esempio, a quanto pare non apprezza molto il bebop. Me ne sono accorta perché, nonostante tutte le mie cure, si ostina a rinsecchirsi. Ma prima o poi lo trovo il disco giusto e allora… festeggeremo a champagne!

E perché fermarsi al regno vegetale?
Perché tenere fuori i pavimenti, le tegole, i muri, la grandine, che è penetrata nel mio ufficio con una violenza inaudita? Tutti quei chicchi, così gelidi, secondo me erano solo in cerca di un po’ di calore!
Chiamatemi pandemica (o panamerica, non ricordo), ma sono sicura che ci sia del sentimento in ogni cosa.

Me lo stanno confermando i miei denti.
Venerdì scorso ho strappato loro (o meglio, lo ha fatto il dentista) il fratello maggiore, quello del giudizio. E da allora non mi danno pace.
Tutta colpa della nostalgia.

piccolo manuale di sopravvivenza quotidiana

di maia, 5 Giugno 2007

C’è poco da fare, quando un padre va in pensione, tutti gli equilibri familiari faticosamente raggiunti in anni di compromessi rischiano di saltare come tappi di spumante di pessima qualità (ché quello buono un pensionato medio non se lo può permettere).

E’ vero però che non tutti i padri vivono l’avvicinarsi del grande momento allo stesso modo.
Ci sono quelli che hanno passato gli ultimi dieci-venti anni della propria vita a contare i mesi, i giorni, i minuti e i secondi che li separano dal meritato riposo.
Sono quelli che non sopportano nulla del loro lavoro. Lo vivono come una prigionia.
Passano tutto il tempo a progettare minuziosamente cosa faranno una volta che riprenderanno possesso della propria vita. Organizzano viaggi immaginari in luoghi esotici, spesso in compagna della moglie, molto più spesso in compagnia di quella segretaria del primo piano, giovane e carina, che non hanno nemmeno il coraggio di invitare a prendere un caffè.
Sono quelli che finiscono immancabilmente a leggere il giornale su una panchina della piazzetta sottocasa, prima di andare a comprare il pane o accompagnare la dolce metà dal parrucchiere.

Ci sono, poi, quelli che hanno vissuto tutta la loro vita per il lavoro. Entrano in ufficio la mattina presto, ne escono a notte ormai fonda, tutti tesi a raggiungere le uniche cose che contano: soldi e carriera. Loro della segretaria del primo piano son già stufi. Altro che portarsela in vacanza, cercano piuttosto un modo per liberarsene senza che pianti eccessive grane.
Sono padri che hanno già pianificato tutta la propria vita post-pensione. Hanno preso accordi con ditte cui fare da consulenti, con uffici di cui supervisionare la parte organizzativa, con fiorai presso i quali fare i fattorini a nero.
Questi sono i padri migliori: praticamente invisibili ai familiari dopo la pensione esattamente come lo erano prima.

E poi ci sono i tipi peggiori.
Sono una via di mezzo delle due categorie precedenti.
Odiano il proprio lavoro, ma vivono per esso. Non sopportano, cordialmente ricambiati, nessun collega, nessun superiore, nessun sottoposto, nessuna segretaria. Epperò non riuscirebbero a starne lontani. Vivono il momento del distacco come un trauma. Sono assaliti da veri e propri attacchi di panico.

Se avete un padre come questo, è necessario arrivare all’appuntamento con il gran giorno ben preparati.
E’ pensando a loro (ed a voi che ve li ritrovate in casa) che ho deciso di redigere questo agile manualetto di consigli di sopravvivenza.

Punto primo: non nominate mai la parola “pensione” invano. Al solo sentirla pronunciare, Lui rischia di esplodere in reazioni incontrollate, che possono andare dal pianto a dirotto, alla furia più cieca.
Esempio tipico di discussione con familiare poco accorto:

– pensione? Ho sentito bene? Chi ha detto “pensione”?
– No, papà, stavamo parlando del babbo di una mia amica.
– Ah, ecco, perché io sono troppo giovane per la pensione! Figurarsi se devo pensare alla pensione io!
– Beh, papà, in fondo ha 68 anni e 50 di servizio…
– E allora? Stai dicendo che sono vecchio? Ma guarda che figli che mi ritrovo, mi danno del vecchio! Vecchio a me! E’ proprio vero, non c’è più rispetto! Eh, ma ai miei tempi… (ad lib.).

Punto secondo: istituite delle riunioni segrete, in un posto che il padre non potrà mai scoprire, tipo la cucina (appena dopo i pasti, mi raccomando, altrimenti rischiate di trovarvelo nascosto nel frigorifero) o nella zona lavatrice, e date il via ad un brain storming.
La cosa più importante in queste situazioni è, infatti, trovare con largo anticipo un hobby che lo terrà lontano da casa il più possibile.
Non perché non gli volete bene, è chiaro, solo che questo esemplare è estremamente pericoloso per la salute mentale della moglie. La quale assaggia ogni santa domenica quello che l’aspetta quando se lo ritroverà fisso in casa. Questo tipo di padre è infatti di quelli che non muovono un dito nei lavori domestici, ma passano tutto il tempo alle costole della povera consorte che lava, spolvera, pulisce, indicando dove dare un’altra passata e rimproverandola per la scarsa perizia dimostrata.
E’ chiaro che una qualunque madre, per quanto paziente, non potrebbe sopportare per più di un paio di giorni una simile situazione.
Per questo è necessario portarle il marito lontano dai piedi.
Il problema è che un padre del genere è convinto di saper già fare tutto. E’ inutile proporgli corsi di fotografia, falegnameria, cucina, idraulica, disegno e qualunque altra cosa vi possa venire in mente. Vi risponderà che sono tutti inutili e che anzi lui potrebbe dare facilmente lezioni agli altri.
 
L’unico modo per cavarne le gambe, è giocare d’astuzia.

Ed ecco quindi il terzo consiglio: siate subdolamente falsi. Mai come in questo caso il fine giustifica i mezzi.
Basta pensarci un attimo, qual è la principale molla che spinge questo tipo di padre nella propria vita di relazione? Ma è molto semplice, lo spirito di competizione!
Bene, fategli credere che ammirate il padre di un vostro amico o un suo conoscente, meglio se notoriamente cretino, per una qualche abilità che lui non possiede, un’attività che non ha mai nemmeno sentito nominare.
Vedrete che non vorrà essere da meno.
Esempio di discorso falso e subdolo:

– certo maia, hai visto il Pingi come è bravo a fare l’ikebana? E dire che sembrava tanto deficiente, ma evidentemente ci stava solo pigliando per i fondelli. Uno così bravo a fare ikebana non può che essere un genio.
– Il Pingi? Ma che dite, quel cretino? Ma se è un minorato psichico!
– Sarà, ma intanto fa un’ikebana…
– Ma lo so fare anche io l’ikebana! E meglio! Mille volte meglio!
– Scusa papà, ma tu nemmeno sai cos’è…
– Vabbè, qualunque cosa sia, io lo faccio meglio!
– Sarà… (con subdola alzata di sopracciglio e sorriso beffardo)
– Come osate mettere in dubbio…
– Papà, non ti alterare. Quella dell’ikebana è un’arte antica, che richiede anni di studio, applicazione costante e una mente brillante. Il Pingi evidentemente ce l’ha…
– Ma tu guarda queste! Ma sentile…… ora vi faccio vedere io! Datemi l’elenco del telefono!

Quarto consiglio: vedete di trovarvi molto, molto lontano quando vostro padre si renderà conto di aver sborsato un mucchio di soldi per delle costosissime lezioni su come disporre i fiori.

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