Notte prima degli esami

di maia, 23 Settembre 2011

Ci siamo.
Ho studiato tutta la notte, devo farcela.
È proprio vero, rimettersi sui libri dopo anni di inattività cerebrale è davvero difficile. I tempi dell’università e della prontezza mentale sono lontani. Troppo lontani.
Dio che nottata! Proprio come venti anni fa (venti!), prima dell’esame di maturità. Tesa, emozionata… quella foga, troppa, che ti fa perdere la bussola, non ti fa concentrare. E finisce che ti metti a leggere tutto quello che ti passa sottomano, romanzi, fumetti, opuscoli, persino Hesse, tranne i libri di testo.
Ah, ma questa volta son stata proprio brava, ho seguito scrupolosamente il programma che mi è stato dato. Tutto. Mica mi fregano. L’ho imparato a memoria. Dalla prima (“Anestesia”) all’ultima parola (“ANESTESISTA”).
Ho sfogliato wikipedia per cercare i termini più difficili (“peridurale”, “subaracnoidea”, “sensibilità”).
Ho tirato fuori tutti i libri di testo di liceo e università. Ho rispolverato persino quello di letteratura latina, che non si sa mai. In fondo il latino torna sempre utile.
Certo, se mi dicevano che alla mia età avrei dovuto ricominciare con gli esami… per di più “esame preparatorio dall’anestesista”, di cui, francamente, non avevo mai sentito parlare…
Basta, mi sento pronta.
Gli occhi sgranati e le mani tremanti per i troppi caffè, sono qui, davanti all’aula numero “N”1.
Aspetto il mio turno. Un veloce ripasso mentale, Cesare, Napoleone, Deboroh La Roccia, le so tutte!

Speriamo solo non mi chiedano “capitali europee”.

  1. strano anche questo. In questo ospedale le aule si chiamano “ambulatorio” []
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Delle deviazioni mentali imposte dai socialcosi

di maia, 22 Settembre 2011

Ambulatorio di preospedalizzazione di un qualsiasi ospedale del centro italia.
Interno giorno.
In lontananza si odono grida come di bimbo scuoiato.
Sottofondo ritmico, continuo, di battito di piedi.
Sono i piedi della rompicoglioni che aspetta il suo turno seduta affianco a me.
Lei, la rompicoglioni, è tutta uno sbuffare e borbottare. E la sanità che schifo… è dalle sette di mattina che si aspetta… e non si può perdere tutto questo tempo… dio di qui e dio di là…
Mia mamma alza le sopracciglia e atteggia la bocca a cuoricino. So cosa significa: sta per simpatizzare.
La blocco con un perentorio “mamma, don’t feed the troll”.

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Il bello della diretta

di maia, 12 Settembre 2011

Ho un fidanzato che odia il calcio. Del resto l’uomo perfetto non esiste.
L’unica cosa che gli rende accettabile ascoltare il dopopartita alla radio, una sana, vecchia radio locale, sono le interruzioni pubblicitarie. Lui le adora. E non faccio fatica a capirlo.
Le radio locali fanno tenerezza. Conservano un sapore come di antico. E di casereccio che non può non riscaldarti il cuore, come un bel piatto di tortellini fatti a mano.
In più la sicurezza di essere ascoltati da gente “di casa” fa rilassare chi trasmette. Nessuno cerca di dominare il linguaggio, il dialetto imperversa incontrollato.
E la pubblicità è meravigliosa. Non ci son remore, non ci son limiti. Nessun gioco di parole è troppo grezzo o stupido per impedirne la messa in onda.
Le parole son talmente ipnotiche, da far dimenticare tutto il resto.

Quest’anno due spot su tutti spiccano:
“IL TUO AFFARE A PORTATA DI MANO!”
“E ORA SON COZZE VOSTRE!”
Varrà ben la pena di ascoltarsi 90 minuti di partita e 180 di commento, se poi si viene investiti, totalmente a sorpresa, da tanta poesia.

Chissà cosa stanno pubblicizzando.