New art attack
Io di arte non capisco niente, lo so. Specialmente di quella contemporanea.
E già immagino le risposte sdegnate di chi l’arte contemporanea la studia e, soprattutto, la capisce. Quest’arte nuova e viva e pulsante e finalmente libera dalle polverose stanze dei polverosi musei.
Ma è più forte di me, a me vedere l’artista contemporaneo che crea in diretta un’opera d’arte contemporanea (con materiali di scarto della scenografia dello studio, contemporaneo) su art news, mi fa venire in mente un tristissimo misto fra una puntata di art attack e una della prova del cuoco.
(al minuto 25 del filmato è possibile ammirare il geniale Prodotto d’Artista)
Macchiette
A me le macchie son sempre state simpatiche.
Se dite “macchie”, immagino subito una bella mucca pezzata, che rumina placida l’erbetta fresca verde verde, sotto un cielo azzurro azzurro, come nei disegni dei bimbi.
Né mi disturbano le macchie di altro tipo. Anzi. Mi fanno tenerezza. A me fa piacere guardarle e ripensare al momento in cui son nate. Toh, guarda, quello dev’essere il ragù di ieri. Ehi, ma quella è la peperonata di luglio! Nooo, dai, ma quello… quello deve essere proprio il tiramisù che ti ho fatto il natale dell’altranno! Ti ricordi che buono?
Ecco, a me le macchie non mi hanno mai dato noia. Tantomeno mi hanno mai impaurito.
E allora com’è che non mi sono mai sentita così leggera come quando mi ha detto “oddio, no scusi! Signorina, mi scusi tanto, non era il suo fegato, era la lastra ad essere sporca!”.
Ecco, non avrei mai pensato che sarei diventata una fissata della pulizia.
Professionalità, perdio!
Comunque penso che si possa trarre una morale anche da tutto questo casino.
Non ci si improvvisa professionisti ad alto livello, in nessun campo.
Ci vuole dura gavetta e dignità anche per fare la puttana.
Santo subito
Ahhhhh, essere malata che bello. Niente alzarti presto la mattina, niente far finta di capire una lingua aliena, puoi rimanertene a casa, sotto il plaid a quadrettoni, a goderti il meglio della programmazione televisiva italiana. In alcuni casi senza nemmeno dover accendere la tivvù.
La trasmissione della d’Urso, per esempio, si sente benissimo anche dall’appartamento di fronte. Specialmente il dibbattito.
Questa sera doveva essere qualcosa tipo i sani valori della brava famiglia cattolica italiana contro il resto del mondo.
Peccato solo la maledetta nausea che mi ha costretta tutto il tempo in bagno a vomitare. Dice sia il virus.
Comunque pare abbia vinto il Papa.
O i Dolce & Gabbana Milano Thunder, non ho capito bene.
Peccato, io tenevo per i San Antonio Spurs.
Le cose da non dire
Una cosa che mi hanno insegnato in tutti questi anni le mie vere balie, ovvero i cartoni giapponesi (soprattutto Candy Candy) e le serie tv americane (tutte) è che non è sempre male mentire. Che ci sono le bugie fini a se stesse che sono cattive e non vanno mai dette. E che però esistono anche le famose bugie a fin di bene che sono buone. E non è proprio così brutto dirle. Anzi, spesso è un bene dirle. Anzi, vanno proprio dette.
Perché a volte l’altro non è pronto a farsi sbattere in faccia la nuda verità.
Tipo che uno non ha bisogno di circondarsi di gente per divertirsi.
Perché c’è solo una cosa che suona più incredibile alle orecchie di un conoscente del fatto che trovate divertente trascorrere le vacanze da soli. Ed è il fatto che trovate divertente trascorrere il capodanno da soli. Da soli con il vostro lui/lei, intendo.
– Amore, che fate a capodanno?
– Vedessi, mamma, siamo a una festa bellissima, saremo un trecento-quattrocento, in un castello medievale coi ponti levatoi e tutto, con aperitivo, cena pantagruelica, discoteca…
– Ma non ti è mai piaciuta la discoteca!
– …tutti vestiti in maschera e a mezzanotte il cinzanino dolce…
– Ma se hai sempre odiato il pippone! Sin da bambina, But, ci dicevi, volio il Buuut! Insieme ad altre cose, tipo che ti avevamo adottato da un orfanotrofio di pony in america o inghilterra, che una volta diventata capitano delle guardie avresti ucciso i lucertoloni verdi vestiti da umani…
– …e i giochi e i canti e i balli.
– Canti… oh, non sarà mica il caraoche! Hai sempre vomitato davanti al caraoche!
– E il trenino AEIOUY
– Diosanto, IL TRENINO! Allora ve la state proprio spassando! Beati voi, che qui si fa sempre la solita cena fra amici. Godetevela, voi che almeno potete.
– Come mamma? Non ti sento, qui ci si sta divertendo un casino! Aspetta, che rai1 dice che fra poco scocca la mezzanotte e qui è scoppiato il parapiglia! AUGURIIIII!
Poi si aggancia veloci il telefono, si abbassa la musica e ci si allaccia al proprio compagno, nella casa in penombra. Ci si abbraccia e si passa il capodanno a dirsi parole dolci e a servirci i manicaretti prelibati che abbiamo passato l’intero giorno a cucinarci1.
So che suona incredibile, ma questo è per me il migliore dei capodanni possibile.
O almeno lo sarebbe se fossi una pazza festofoba. Che io, non so se ve l’ho detto, il capodanno l’ho passato a una festa bellissima, in un castello medievale con ponte levatoio e tutto.
E comunque AEIOUY a voi, qualunque sia il modo in cui l’avete festeggiato.
- ognuno secondo le proprie capacità culinarie, si intende. Il che vuol dire che lui ha spalmato la salsa da tartine nei vol au vent e io ho fatto tutto il resto [↩]
Il misterioso mistero dei regali di natale
Dunque, ho passato due pomeriggi, due preziosissimi pomeriggi della mia vita a cercare regali per persone a cui presumibilmente non piaccio, che diffidano fortemente di me per la mia provenienza sospetta (vengo da un posto che dista più di 30 km da CuneoCity), per la mia parlata sospetta (“passato remoché?”), per la mia completa accettazione del diverso sospetta (“ma è frocio!” “…” “no, forse non hai capito, è proprio frociofrocio! e non ti fa effetto?” “no” “eh, ma guarda che è pure negro!”).
E niente, nonostante non abbiamo niente in comune, ho deciso di piacere a queste persone e, perdio1, ci riuscirò.
Quindi sono andata al super ed ho acquistato otto regalini. Uno a testa. Niente di che, regalini da poco, che tanto si sa, è il pensiero che conta.
Comunque, mi metto di buzzo buono a impacchettare con maestria i miei preziosissimi regalini, le chiavi della mia futura felicità, quando al quinto pacchetto mi accorgo che ne son spariti due. Di regalini, intendo.
Erano otto, son sicura, li ho contati quando li ho comprati, li ho ricontati quando li ho passati al mio comp uom fidanz, insomma, al mio lui per il controllo prezzo (sono una creaturina sbadata, ho invariabilmente bisogno che qualcuno controlli se per caso non ho lasciato qualche etichetta di troppo sui regali) ed erano sempre, invariabilmente otto.
Passo a fare i pacchetti e son sei.
Come diamine è possibile?
Chi ha fatto sparire i preziosissimi regali? E perché? Che forse il mio coso, lì, avido e geloso dei bellissimi regalini non destinati alla dilui persona, se li è sgraffignati mentre ero tutta presa nel tentativo di arricciolare un bellissimo nastro da pacchetti in ghisa dorata?
Son forse stati degli elfi in pieno panico per l’esaurimento delle scorte di gormiti e cicciobelli vomitini, che pur di regalare qualcosa a bimbi viziatissimi, oltretutto frignoni e fastidiosamente bassi, si son ridotti a rubare i regali della povera gente? Maledetti, maledettissimi nani, l’ho sempre detto che dei tizi piccolissimi vestiti da tirolesi ubriachi e le orecchie a punta non potevano portare nulla di buono!
Perché, dico io, tanta cattiveria nel mondo?
Un po’ di bontà, Perdio, siamo a Natale!
- nb, non si tratta di bestemmia. Perdio è il il passato remoto del verbo “perdere la pazienza”. Oh, se anche voi non conoscete il passato remoto non è mica colpa mia [↩]
le meravigliose scoperte di maia – divani
Oggi ho finalmente svelato un arcano.
Dopo mesi passati ad interrogarmi su come sia possibile che lui riesca a pulire i pavimenti in meno di metà del tempo che ci metto io, oggi ho spostato il divano.