questo pazzo pazzo pazzo pazzo mondo
Riemergo dopo lungo periodo di clausura lavorativa e mi rendo conto che il mondo in mia assenza è andato tranquillamente avanti per conto suo.
Provo a rimettermi velocemente in pari dando una scorsa ai titoli dei quotidiani e ci trovo notizie meravigliose.
Scopro che è in corso una guerra fra USA e Cina a suon di pistacchi.
Che il futuro della Philip Morris è nel tabacco da masticare. Allegato ad ogni pacchetto regaleranno un paio di speroni, un cappello da cow boy ed una mappa per raggiungere luoghi incontaminati e spazi infiniti da colonizzare nel far west, la Cina, troppo occupata nella guerra dei pistacchi per rendersi conto dell’imminente invasione di yankee nostalgici e invasati, armati di medicinali scaduti.
Che Vittorio Emanuele di Savoia vuole gli sia dedicata una strada di Potenza. "Certo che me lo devono! Era una città che non conosceva nessuno, l’ho lanciata io." (è vera, giuro, da repubblica dell’undici giugno).
Che il Rio delle Amazzoni è diventato da qualche giorno il fiume più lungo del mondo. Lo ha stabilito una spedizione brasiliana. Mi aspetto al più presto che una spedizione egiziana scopra la vera sorgente del Nilo duecento chilometri più a sud di quanto pensato finora. E che una successiva spedizione etrusca riesca ad individuare la vera sorgente dell’Arno in uno dei monti della catena dell’Himalaya.
Che nel 2060 ci sarà l’Apocalisse. Prepariamoci, lo diceva Newton, mica un mago Otelma qualunque.
Che stanno tornando di moda le spalline e gli abiti stile anni ’80. Non sarà mica questo il primo segno della suddetta Apocalisse? E dire che mi stavo appena abituando ai pantaloni a zampa di elefante e punto vita ad altezza caviglia...
Che lo stilista Valentino in passato è stato attraversato da un intenso senso di paternità. "Una volta in Marocco, tanti anni fa, passavo con la macchina sui monti dell’Atlante e ho visto un bimbo, un pastorello berbero di 4 anni. Avrei desiderato tanto poterlo adottare ma non è stato possibile." Poi poco più avanti ha visto un negozio di tappeti. E’ stato attraversato da un intenso senso di shopping compulsivo.
Che il Vaticano ha proclamato peccato (mortale?) il sorpasso pericoloso. Ha addirittura stilato un decalogo per chi guida. Fra le cose raccomandate, farsi il segno della croce prima di iniziare il viaggio e recitare il rosario durante tutto il percorso. Magari così durante i viaggi si eviteranno anche i sorpassi pericolosi, ma poi chi ci protegge dai colpi di sonno?
Che il Santo Graal esiste e si trova in una chiesa in piena Roma. "Lo confermerebbero delle iconografie medievali rappresentanti il Sacro Calice all’interno della Basilica, orientate verso le adiacenti catacombe". Grande scalpore ha suscitato la notizia, finché non ci si è resi conto che si trattava di alcune decalcomanie omaggio per gli spettatori del film "Il segreto dei Templari".
Che è nato il "cane da coccinella". Ovviamente negli States.
Questa mi son rifiutata di leggerla.
Insomma, basta che ti distrai un attimo e mille cose imperdibili accadono a tua insaputa.
Così ho deciso di perdermele volontariamente.
Partirò per un breve fine settimana rilassante a sfondo musicale.
Rigorosamente senza giornali.
A presto. E, mi raccomando, non tenetemi informata.
un’altra catena inutile
Più fastidioso delle zanzare tigre, più inesorabile del caldo estivo, più terrorizzante dell’allarme sosta in doppia fila (esiste, giuro, l’ho letto su un autorevole quotidiano; chissà se verrà allertata la protezione civile o se interverrà direttamente l’esercito), il Signore delle Catene ha colpito ancora.
Questa volta ci chiede di riportare gli incipit dei cinque libri che ci ritroviamo più a portata di mano.
Bene, parteciperò al giochetto, ma, come già Marta prima di me, lo farò a modo mio.
Quelli che leggerete saranno gli incipit degli ultimi cinque libri che mi sono stati regalati.
Andiamo con ordine.
I primi due li ho ricevuti come strenna natalizia da parte di un totale incompetente in campo musicale, ma che ha molto, molto gusto nello scegliere i regali.
Sono:
1)”Tonight at noon” di Sue Graham Mingus.
“Conobbi Charles Mingus nel luglio del 1964, poco prima di mezzanotte. Ero andata al Five Spot, un jazz club in lower Manhattan, perché il produttore di un film in cui recitavo aveva commissionato la colonna sonora al sassofonista Ornette Coleman – o almeno pensava di aver commissionato una colonna sonora – e il mio amico Sam Edward mi aveva suggerito di andare lì per capire come stavano le cose. Non sapevo assolutamente nulla di jazz.” (Non è un caso, quindi, che i musicisti del gruppo di Mingus avessero qualche remora a farsi gestire in tutto e per tutto dalla vedova dopo la morte del marito).
Di questo libro ho già accennato nei commenti a un post precedente. La scrittura è scialba, piena di ripetizioni e poco interessante, ma gli episodi riportati sono gustosissimi. E se anche non proprio tutti fossero veri (la signora tende a magnificare forse un po’ troppo le proprie virtù), è comunque piacevole leggerli.
Assolutamente impedibili certi aforismi e certi giudizi al vetriolo nei confronti della musica e dei musicisti contemporanei attribuiti al contrabbassista. Una su tutte, la risposta a chi gli chiedeva cosa fosse per lui la creatività:
“Chiunque può suonare in modo strano, è facile. Il difficile è suonare in modo semplice, come Bach. Rendere complicato ciò che è semplice è una banalità. Rendere ciò che è complicato semplice – assolutamente semplice – questa, è la creatività”.
Nel libro è raccontato minuziosamente il progressivo rinchiudersi in sé stesso di Mingus, il suo duplice distacco dal mondo: quello fisico, per via della malattia che lo immobilizza poco alla volta, e quello artistico, che sente sempre più lontano, vista la sua incapacità di accettare la mutazione del modo di fare musica, soprattutto dopo l’avvento degli strumenti elettronici.
In poche parole è un libro da consigliare, ma solo agli appassionati del genere (jazz).
2)“le canzoni di Tom Waits. Commento e traduzione dei testi.” a cura di Eleonora Baragotti.
Il titolo parla da solo. In questo caso è inutile riportare l’incipit, molto meglio aprire una pagina a caso e trascrivere la prima strofa che trovo.
“down the shore everything’s alright, you with your baby on a saturday night,
don’t you know that all my dreams come true, when i’m walkin’ down the street
with you, sing sha la la la la la sha la la la.”
(da “jersey girl”)
Nel libro vengono riportati interessanti aneddoti su come tutti i pezzi compresi fra “Closing time” e “Blood Money” hanno visto la luce. Peccato solo le canzoni non siano riportate integralmente. Per appassionati.
3)“La variante di Luneburg” di Paolo Maurensig.
“Sembra che l’invenzione degli scacchi sia legata a un fatto di sangue.
Narra infatti una leggenda che quando il gioco fu presentato per la prima volta a corte il sultano volle premiare l’oscuro inventore esaudendo ogni suo desiderio. Questi chiese per sé un compenso apparentemente modesto, di avere cioè tanto grano quanto poteva risultare da una semplice addizione: un chicco sulla prima delle sessantaquattro caselle, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza, e così via…
Ma quando il sultano, che aveva in un primo momento accettato di buon grado, si rese conto che a soddisfare una simile richiesta non sarebbero bastati i granai del suo regno, e forse neppure quelli di tutta la terra, per togliersi dall’imbarazzo stimò opportuno mozzargli la testa”
Il fatto che il libro prenda il via con una leggenda non è un caso. Nonostante anche sul risvolto di copertina venga presentato quasi come un giallo, leggendolo ben presto ci si rende conto che si tratta di tutt’altro. E’ un gioco di scacchi. Fra i protagonisti. Fra l’autore e i lettori. Appassionante, teso, romantico, ma sempre sobrio. Una favola amara, senza lieto fine.
Quando è uscito, ha riscosso un certo successo. Io, da brava bastian contrario che snobba tutto ciò che va di moda, me lo stavo perdendo. Ringrazio Riccardo che me l’ha fatto conoscere.
Da consigliare a tutti.
4)“Tutto quello che è stato” di Fulvio Frezza.
“Ho cominciato a seguirla esattamente tre mesi fa: Non avrei mai creduto di poterlo fare, di esserne capace. Poi è successo tutto così, all’improvviso. L’ho vista per caso. Ecco, questo è stato il momento. Eravamo insieme nello stesso cinema, a vedere “In the mood for love”. E ho capito che non avrei più smesso”.
Lo confesso, ho barato e quello che ho riportato non è l’incipit del libro vero e proprio, ma del racconto che io preferisco, “Seguendo Silvia”.
Perché si tratta di una raccolta di racconti molto brevi, molto diversi l’uno dall’altro. Nelle situazioni e nei generi, certo, ma soprattutto nella scrittura e nel ritmo usati dall’autore.
Come la classica scatola di cioccolatini assortiti, è da consigliare a tutti: ciascuno troverà quello di suo gusto. I veri golosi lo divoreranno tutto.
5)“Imbuti” di Corrado Guzzanti.
“Buonasera, mi chiamo Brunello Robertetti, nasco poeta e vado avanti così. Sono un fans appassionati e potenziale pericolosi della signora Valeria Marino, lo sono in maniera disacerbante. Non guardo in faccia a nessuno né ora né oramai sono abituato. Sono una p’sona democratici. Ho rispetto per gli omosessuale e i negri purché i due fenomeni non si presenta contemporaneamente.”
è il giornalismo, bellezza!
Quando, in giornate uggiose come questa, senza più calcio e teatrini televisivi annessi, sono in piena crisi d’astinenza da pulp ed oscenità varie e la puntata di "Studio Aperto" è ancora troppo lontana per poter resistere, mi basta leggere la cronaca locale dei quotidiani per sentirmi subito meglio.
Perché, lo so, sembra incredibile, ma Giordano ha fatto scuola. Le redazioni dei giornali pullulano di giovani virgulti pronti a tutto pur di farsi notare. Così scelgono la strada più semplice.
Dalla cronaca fiorentina di repubblica del 2 giugno:
“Stritolato dal rullo a 18 anni”.
Questo il titolo.
“Uncinato dai ganci, trascinato dal rullo e schiacciato. Un macchinario grande e rumoroso, una serie di (…) lame che servono a fare a brandelli i tessuti giovedì sera si è mangiato A. P.” è l’inizio di un articolo nel quale non ci vengono risparmiati dettagli interessantissimi.
Io rimango affascinata.
Il linguaggio è piatto. Il vocabolario ridotto all’osso, poche le parole usate, sempre le stesse, ma iperboliche e scioccanti.
Niente da dire, il pezzo è perfetto.
Il ragazzo farà strada.
Magari come redattore di Lucignolo.
Vedo messa peggio la sua collega che spiega come una famosa studiosa sia giunta a delle conclusioni innovative su un manoscritto, svolgendo le sue ricerche ovviamente non sul prezioso originale, ma su un "fax-simile".
Temo che più in là del tg2-cultura non potrà andare.
state per assistere…
ad un uso privato di mezzo pubblico.
No, non c’è nessuna mia foto mentre dirotto un bus (io i bus li dirotto, non li rubo, perché non li saprei guidare, anche se ho visto fare certe manovre a degli autisti doc, che quasi quasi…).
Intendevo dire che per una volta userò questo blog in modo autoreferenziale. Invece di scrivere il solito post di pubblica utilità, ho deciso di fare uno strappo alla regola e di scrivere di me e di quello che mi piace.
Chinotto e partita allo stadio a parte, a me piace molto anche ascoltare la musica. Ma questo ve lo scrivo in un altro post.
Un’altra cosa che mi piace molto è la lasagna, ma non ho la minima intenzione di scrivere un post culinario.
Di sesso non parlo, quindi credo che mi rimangano dormire, cinema e letteratura.
Siccome voglio far vedere che ogni tanto leggo anche io, credo che vi parlerò di un libro.
E’ stato amore a prima vista, una vera e propria attrazione fatale.
Era un pomeriggio buio e tempestoso e passeggiavo in centro senza ombrello. All’improvviso un fulmine ha aperto il cielo plumbeo ed un vero e proprio nubifragio si è abbattuto sulla città. Così ho cercato riparo nel primo portone che ho trovato. Era la libreria feltrinelli.
E’ stata la fine. Ogni volta che entro là dentro è la fine per il mio portafoglio.
Io provo una specie di amore-odio per quel negozio.
Non potete capire l’effetto che mi fanno tutti quei libri ammucchiati in bell’ordine, ordine alfabetico per autore, tranne che nei reparti tematici, dove i libri sono raggruppati per argomento (e poi in ordine alfabetico per autore).
In mezzo al negozio, ci sono poi enormi banchetti sovrastati da altissime pile di tomi di ogni forma (per quante forme possa avere un libro) e spessore.
Tutte le volte che vedo quelle costruzioni ardite eppure ordinatissime, mi viene una voglia di buttarle giù che non avete idea…
E’ una vera e propria malattia. Un impulso incontrollabile.
Ogni volta mi avvicino con fare noncurante, osservo quelle belle composizioni colorate, prendo un libro, lo soppeso, lo annuso, faccio finta di leggerne qualche pagina.
Poi mi guardo intorno. Appena sono sicura che nessuno mi stia guardando, con un abile colpo di coda, rovescio un intero banchetto.
La soddisfazione per il gioco d’abilità mi si smorza subito. La confusione che segue la rovinosa caduta, infatti, fa girare tutti, clienti e commessi, e tutti mi guardano con aria di rimprovero.
Io, che sono troppo timida per stare a questo mondo, non solo mi metto a raccogliere tutti i volumi sparsi a terra, ma li infilo anche nel mio cestino degli acquisti, fingendo di aver voluto comprarli tutti. E’ colpa della maledettissima educazione che mi hanno impartito i miei genitori. Chi rompe paga, mi dicevano, così adesso, anche quando non rompo, anche quando al massimo spiegazzo qualche pagina, mi sento in dovere di pagare tutto.
Ho imparato a sopportare lo sguardo stupito dei cassieri all’uscita quando mi vedono arrivare con una ventina di copie dello stesso libro. “E’ per fare dei regali. Me li incarta, per favore?” di solito basta per soddisfare la loro curiosità e farli ripiombare nella loro abulia.
E’ così che mi trovo a leggere le cose più assurde (e a regalarle ai miei amici e parenti più pazienti), cose che nessun essere umano leggerebbe spontaneamente.
Se non altro col tempo mi sono fatta furba e questo giochetto non lo faccio più vicino all’entrata: è lì che vengono raccolte le “novità imperdibili”, ovvero i libri più brutti ed insipidi, che raramente si riescono a vendere (e ci sarà pure un perché!).
Ora il mio moto liberatorio lo esercito nella stanza centrale, dove sono raccolti i libri più interessanti.
L’altra volta, quella del pomeriggio buio e tempestoso, senza ombrello, mi ero velocemente infilata nel salone dei classici.
Ero di cattivo umore per via del tempo (sono un tantinello meteoropatica) ed era da troppo poco tempo uscito l’ultimo libro di Moccia. Non avevo la minima intenzione di ritrovarmelo nel cestino, nemmeno in cambio di un perfetto strike!
La zona classici però è verticale. Nel senso che i libri sono sistemati su scaffali normali.
L’unico modo per ripetere il mio gioco in questi casi è arrampicarmi sullo scaffale più alto e tirare giù un libro a caso con stile scomposto, in modo che rovini a terra il maggior numero possibile di volumi.
Così ho puntato Twain (era il più in alto e il più appartato di tutti) ed ho cominciato a tirare verso di me il “diario di Eva” con il mignolo sinistro.
A forza di tirare, mi son ritrovata circondata da una pioggia di libri di ogni genere e misura. Mentre ero chinata a guardare il macello che avevo combinato, un minuscolo libricino, sfuggito al mio sguardo e rimasto pencolante sullo scaffale, mi è piombato in testa. E qui ho benedetto la proverbiale leggerezza di Twain: per fortuna si trattava di una raccolta di racconti di appena 100 pagine!
L’ho raccolto. “Come curare la malinconia”. Il titolo non mi diceva nulla.
Era un vero e proprio miracolo! La gioia di aver trovato qualcosa di uno dei miei scrittori preferiti che ancora non avevo gustata è stata così forte, che mi sono addirittura dimenticata di raccogliere tutti i libri che avevo trascinato per terra!
Per la prima volta da anni, sono uscita dalla libreria con un solo libro in mano (seguita da una scia di improperi lanciatimi dai commessi imbufaliti).
Morale della favola.
Vale la pena leggere una raccolta poco conosciuta di racconti di Twain? Si, vale sempre la pena. Anche quando si tratta di tre racconti minori. Anche quando i primi due sono un poco stiracchiati, meno scorrevoli del solito, il primo un poco eccessivo nel tono finto adulatorio nei confronti di un immaginario scrittore, il secondo in alcuni punti addirittura ripetitivo. Perché Twain è pur sempre Twain e la sua “firma”, la sua zampata ce la mette sempre. E chiude la raccolta con un racconto, che vale da solo il prezzo di copertina. Si intitola “La signora Mc Williams ed il fulmine”. E’ un gioiellino di ironia e leggerezza.
Leggerezza mai sufficientemente celebrata.
ps IMPORTANTISSIMO: se avete intenzione di comprare l’ultimo libro di Paul Auster, “Viaggi nello scriptorium”, non, ripeto NON leggete la quarta di copertina.
Va bene che la “sorpresa” della trama è abbastanza prevedibile, ma uno spoileraggio così vergognoso grida vendetta!