Quando muore un amore (o almeno si incrina) – Atto III
L’angoscia di una fiducia tradita.
La disperazione di un cuore spezzato.
Il dramma di un uomo.
QUANDO MUORE UN AMORE
Post-radiodramma in tre atti.
Terzo ed ultimo atto
Località urbana, interno giorno. Sala d’aspetto di un Pronto soccorso. Infermieri indaffarati. Pazienti ovunque. Mugolii di sofferenza in sottofondo.
Lei sta stesa1 su una sedia, dolorante2, il braccio destro lussato.
Lui entra di corsa
Lui: Amore, AMORE!
Lei: Mmmmhhhh…3
Lui: Amore, dio che è successo!
Lei: eh, niente…
Lui: come niente! E’ terribile! Che dolore, che sofferenza!
Lei: che caro a preoccuparti così. Ma non esagerare, non è poi la fine del mondo… son cose che capitano…
Lui: ma come capitano! Queste cose non possono capitare, non devono capitare! E ora come si fa? Porco Stiv, ADESSO COSA FACCIAMO???
Lei: eddai, non fare, così, calmati! Ora aspettiamo lo specialista, che rilascerà la sua diagnosi e vedrai che si rimette tutto a posto…
Lui: lo specialista? Io non voglio nessuno specialista! No, no, penso a tutto io, preferisco rimetterlo a posto con le mie proprie mani!
Lei: ma sei sicuro? Non è che non mi fidi, ma potresti finire di romperlo… Sei sicuro di sapere come si fa?
Lui: Scherzi? Non c’è il minimo problema. Dai, faccio un paio di tentativi. Alle brutte raso tutto a zero.
Lei: ehm… scusa, di che cosa stiamo parlando esattamente?
Lui: ma del mio mac, no? Lo stramaledettissimo Snouleprd mi ha fottuto l’ardisc e mi si è impallato tutto! Ti rendi conto? Non ci si può fidare più di nessuno. Persino Stivgiobs vende ciofeche! Ah, ma questa volta mi sentono! (Piange, stringendo i pugni contro il cielo) Maledetto Stivgiobs, maledetto Snouleprd!
- Per i pignoli, di seguito Pip: sì, lo so, non si può stare stesi su una sedia, ma è una licenza poetica [↩]
- Pip: dolorante Lei, non la sedia [↩]
- Pip: sì, lo so, Lei si esprime sempre nello stesso modo, ma è per creare un continuum (ricordate, mai troncare un continuum. Si corre il rischio di andare incontro a catastrofi epocali. Pare Atlantide sia scomparsa così. Ma di questo vi parlerò un’altra volta). Comunque, per la gioia di tutti, da qui in poi lei parla molto [↩]
Quando muore un amore (o almeno si incrina) – Atto II
L’angoscia di una fiducia tradita.
La disperazione di un cuore spezzato.
Il dramma di un uomo.
QUANDO MUORE UN AMORE
Post-radiodramma in tre atti.
Atto II
Scena prima.
Località balneare, esterno giorno. Una bella spiaggia color grigio-cenere. Ombrelloni di paglia. Cicche di sigarette ovunque. Risacca del mare in sottofondo.
Lei sta stesa sul lettino, una settimana enigmistica fra le mani.
Lui entra di corsa
Lui: Amore, AMORE!
Lei: Mmmmhhhh.
Lui: Amore, che bello! Mi sto guardando l’ordine di snouleprd che ho fatto on line stamani!
Lei: mmmmhhhhh.
Lui: ma ci pensi? Mentre noi stiamo qui a poltrire, LUI viaggia verso casa mia! Magari sta arrivando proprio in questo momento!
Lei: mh.
Lui: e adesso lui è lì, nella sua scatolina, nel suo camioncino, che sta percorrendo le strade d’Italia per venire da me…
Lei: cinque verticale…
Lui: … tutto bello scintillante, nel suo involucro di plastica lucida, tutto nuovo, tutto per me…
Lei: …centrocampista rossonero, cinque lettere…
Atto II
Scena seconda.
Località balneare, esterno notte. Una bella spiaggia di colore indefinito (d’altronde è notte). Gatti ubriachi. Cicche di sigarette ovunque. Coppie seminude che pomiciano in sottofondo.
Lei sta morbidamente stesa sulla sabbia, guarda le stelle.
Lui entra di corsa
Lui: Amore, AMORE!
Lei: Mmmmhhhh.
Lui: Amore, che bello! Mi sto guardando l’ordine di snouleprd che ho fatto ieri on line!
Lei: mmmmhhhhh…
Lui: ma ci pensi? Mentre noi stiamo qui a non far nulla… e stai ferma con la mano! Dicevo, mentre noi stiamo qui a non far nulla, LUI sta arrivando in casa mia! Magari domani mattina bussano alla porta… ed è LUI!
Lei: mmmmhhh…
Lui: pensa a quante cose potremo fare insieme. Io e LUI. Quante cose nuove ed eccitanti… Non sto nella pelle! Eddai, togli quella lingua dal mio orecchio!
Lei: …
Quando muore un amore (o almeno si incrina) – Atto I
L’angoscia di una fiducia tradita.
La disperazione di un cuore spezzato.
Il dramma di un uomo.
QUANDO MUORE UN AMORE
Post-radiodramma in tre atti.
Atto I
Località balneare, interno giorno. Anzi, mattino. Mattino molto presto. Direi quasi albeggiamento.
Lei sta stesa sul letto, un cuscino sulla faccia.
Lui entra di corsa
Lui: Amore, AMORE!
Lei: Mmmmmmhhhh
Lui: Amore, non sai che cosa ho fatto!
Lei: mmmmmmhhhhh
Lui: ho comprato snouleprd!
Lei: mh?
Lui: dai, svegliati, guarda che ho fatto! HO COMPRATO SNOULEPRD! Mi son collegato su internet e l’ho comprato! Non è meraviglioso? Cioè, io l’ho ordinato, non so quando arriva, ma mi arriva a casa, tutto nuovo, bello, lucido…
Lei: mh!
Lui: eddai, guarda! Devi guardare! Vedi? Questa è la funzione che cosa i cosi che cosano sul coso…
Lei: ma sono le cinque?
Lui: sì.
Lei. del mattino?
Lui: sì.
Lei: e allora DORMI!
Cena di società
Così anche quest’anno ci siamo. Puntuale come un condono tremontiano, è arrivato il momento della famigerata Cena Aziendale.
La volta scorsa non avevo partecipato all’evento per problemi personali (ora non ricordo più se per via delle papille gustative interrotte o il gomito che faceva contatto con il piede, ndr), ma più o meno so già cosa mi aspetta.
Oltre alla solita allegria sincera e spontanea che si può riscontrare in ogni festa aziendale, in questa, a differenza di quelle che si facevano dove lavoravo prima, c’è qualcosa di più.
Non si tratta solo più di mangiare e bere1. Qui si gioca pesante.
La serata comincia alle sei e mezzo, nella sala conferenze dell’albergo/villa medicea scelta per l’occasione. Tutti i dipendenti si accalcano nelle ultime file. Alcuni sembrano giocare allegramente a sbarbacipolla, ma, ad un’analisi più attenta si vede benissimo che sono gli ultimi arrivati che, pur di non finire seduti nelle prime file, cercano di togliere il posto con la violenza e l’inganno a chi è stato più previdente di loro ed ha saltato il cocktail di benvenuto pur di piazzarsi in posizione strategica.
Il Capo, microfono alla mano, comincia a richiamare a gran voce i più violenti e li fa accomodare in prima fila.
Una volta ristabilito l’ordine, comincia lo show.
Si parte coi ringraziamenti per essere venuti e, subito, un paio di battute esilaranti2.
Tutti ridono.
Proprio tutti. Anche i nuovi arrivati.
Il merito è dei più “anziani”3 che con un elaborato sistema misto di gomitate ben piantate nei fianchi e pulcisecche nelle cosce, fan capire ai neofiti quand’è il momento giusto per ridere e quale quello per apparire seriamente interessati al discorso4.
Una volta terminata la slide coi grafici sui risultati economici dell’anno, parte un filmato sui successi commerciali dell’azienda. Il Capo, sorridente, stringe la mano al presidente della Polonia, bacia il sottosegretario agli esteri rumeno, brinda con qualche magnate di Casalpusterlengo. Le immagini vengono alternate a quelle di folle oceaniche plaudenti. In sottofondo parte una musichina sempre più invadente. Sale di tono, compaiono delle scritte sullo schermo a mò di karaoke. I dipendenti si alzano come un sol uomo (comprese le due che si erano opportunamente nascoste dietro le sedie di quelli davanti per mangiarsi in santa pace un panino al prosciutto) e iniziano a cantare Menomale che il Capo c’è!
Il Capo, commosso da tanto affetto, estrae con mossa plateale ma elegante, da vero attore consumato, una serie di oggettini da un pacco. Sono sue foto autografate, stampate su rara pergamena, deliziosi regalini con cui omaggia i propri dipendenti.
Tutti ridono felici, baci, abbracci, champagne. Fine spettacolo.
Finalmente si cena.
- in occasioni del genere, si sa, quando devi passare intere ore in ambiente seminformale col tuo capo, col quale chiaramente non sai di che cosa parlare se non ci sono argomenti lavorativi di mezzo, l’unica è riempirsi continuamente la bocca di cibo e vino, mantenendo un sorriso ebete per tutto il tempo [↩]
- metti un microfono in mano a un Capo e questi, indipendentemente da età, attitudini e carattere, comincerà a gigioneggiare impunemente, sentendosi improvvisamente un ibrido fra Bisio e Padoa Schioppa. Spiritoso come il primo e autorevole come il secondo. Pensa lui [↩]
- si riconoscono perché son quelli che durante il discorso del Capo hanno gli auricolari dell’ipod nelle orecchie, ma sanno ugualmente il punto esatto in cui inserire la risata. Anni e anni di riunioni simili li hanno ormai addestrati a riconoscere alla perfezione cosa il Capo si attenda dal suo uditorio, semplicemente analizzandone la mimica [↩]
- A qualche nuovo arrivato un po’ più lento nel comprendere la segnaletica può capitare di invertirne il significato e di mettersi a ridere sguaiatamente mentre il Capo sta illustrando come gli utili siano drammaticamente dimezzati nel corso dell’ultimo semestre. Poco male. In questi casi parte immediatamente una lettera di richiamo, del genere Lei avrà cinque giorni di tempo per fornire una giustificazione scritta, altrimenti verrà adibito a funzioni di magazzinaggio, nonché pulizia dei cessi [↩]
La Famiglia Rompiglioni – canta che ti passa
Ci sono cose che hanno il potere di riportarti violentemente indietro nel tempo.
Chessò, un giorno magari senti un odore, un odore particolare. Un odore che non ti può lasciare indifferente. Lì per lì non riesci bene a identificarlo. L’unica cosa che sai è che invece che nei bagni della stazione, ti sembra di essere tornata nella casa al mare in cui passavi le vacanze da bambina. Poi, d’improvviso ti rendi conto. E’ proprio lui, è l’inconfondibile odore dell’armadio in cui la nonna metteva la biancheria pulita! Che dolce quell’odore. E che bello era nascondersi in quell’armadio!
Oppure ti stai strafogando di patatine e chickencosi, lì, e in bocca senti un sapore vagamente familiare. Un sapore che ti fa stranamente pensare alla casa al mare in cui passavi le vacanze da bambina. Poi all’improvviso lo riconosci. Ma certo, è il sapore delle famose melanzane fritte al cioccolato con canditi della nonna! Che dolci le melanzane fritte al cioccolato con canditi. E che bello nasconderle nell’armadio della biancheria pulita!
Così ogni volta che sento una canzone napoletana, ovunque mi trovi, qualunque cosa stia facendo, la mente mi torna a precipizio nella casa al mare in cui passavo le vacanze da piccola.
Solo che in questo caso i ricordi son tutt’altro che dolci.
Succedeva, in quella casa al mare in cui passavo le vacanze da bambina, che quando mia zia Cloris, una delle famigerate Tre Zie Zitelle, cantava Reginella, voleva dire che era in arrivo il temporale.
No, non mi riferisco al temporale inteso come fenomeno atmosferico. Che mia zia, per quanto portatissima in altri campi della stregoneria, con le previsioni del tempo non ci ha mai azzeccato.
Ecco, Reginella era il segno inequivocabile che mia zia si era inquietata.
Bastavano le prime note per far rabbrividire tutti gli abitanti della casa.
Regginè, quando stiveccu mico…
e tutti cominciavano a guardare per terra, improvvisamente attratti da invisibili macchie del pavimento, dall’unghia del ditone destro, da minuscole formichine, qualunque cosa pur di non incrociare quello sguardo.
Che l’ira di mia zia Cloris è tremenda e incute un timore reverenziale, misto alla superstiziosa convinzione che qualunque essere umano che malauguratamente dovesse incocciare in quegli occhi di bragia, ne rimarrebbe immediatamente fulminato, trasformandosi immantinente in una statua di sale, per poi morire dopo atroci tormenti.
T’aggio voluto beeeeenateeeeeee…
Ecco. Bisogna trovare un nascondiglio, subito!
TTummevolutobeeeeeeneammmeeeeeeeeeeee…
Presto, la finestra, tutti giù dalla finestra! Che sotto c’è il terrazzo dell’albergo di fronte. Ormai sono abituati anche loro e già dalle prime note i camerieri han fatto nascondere tutti gli ospiti sotto i tavoli e stanno correndo a salvare le porcellane dall’inevitabile scossa tellurica in agguato dentro l’ugola della zia irosa.
Mmònonciamammecchiuuuumaivvotetuuuuuuu…
Troppo tardi! La zia è proprio davanti alla finestra, con la scopa in mano, e mi taglia ogni via di fuga! Non guardare, non guardare, non guardare… Appiattirsi contro il muro… rendersi il più piccini possibile…
Quand’ecco, dall’altro capo della stanza quello che non avresti mai, e sottolineo mai, voluto sentire.
Eccù stimmodi ooooooiBriggida….
La zia Laris!
La zia Laris è l’unica che non teme il terribile potere inceneritore della sorella. Anzi! Nell’occasione si esalta e fa l’unica cosa che riesce a far incazzare ancor di più la zia Cloris.
Cantarle sotto il naso, con strafottente faccia tosta:
tazz’ecafèparite… sottotenit’ozzuccaro encoppamarasiteeeee…
che in teoria sembrerebbe una cosa carina da dire. Il problema sono i doppi sensi…
matantcchaggiàggirà, etantcchaggiàvutaaaaaaaaà…
… e specialmente quel significato, nemmeno poi tanto nascosto, di girare e rivoltare…
ristrattamentepieeeeeeeeeeeeeensaaaaaaaaaaaaa…
A questo punto me la sto facendo letteralmente sotto. Mi giro intorno. L’unica porta che vedo è quella dell’armadio della biancheria pulita. Mi ci infilo di corsa, col mio piattino di melanzane fritte col cioccolato (e canditi).
Appena in tempo, sento arrivare l’acuto da lontano.
Il suono rimbomba sotto le volte a crociera, il suolo prende a tremare violentemente, sento la cristalleria tintinnare, impazzita.
Mi rannicchio sul fondo dell’armadio.
….aaaaammmmmmeeeeeeeeeeé!
Il mio intestino si rilassa, lasciando un ricordo indelebile sulla biancheria pulita della nonna.
Post porno
Istigata da un mio amico e incoraggiata anche da una blogstar, ho deciso di trasformare questo mio (blog) in un blog porno.
Oddio, proprio porno porno no, che fa volgare… Diciamo che ne farò un blog erotico.
In fondo il maggior numero di persone che arriva qui lo fa cercando le porcate più disgustose.
Si collegano googlando “vecchiette in calore” e “sesso porno animal”. Quando va bene cercano “wwwporno, commesse, calorecom”. Perché dunque non accontentarle (le persone, non le commesse)1?
Così ho deciso.
Certo, so che non sarà affatto una cosa facile. Mica una si siede una sera davanti al pc e tra una chat e l’altra si mette a scrivere cose porno erotiche così, come niente!
Tanto più se quell’una ha un ragazzo.
Scrivere cose erotiche, infatti, è una cosa seria e richiede molta preparazione.
E diventa particolarmente complicato se il tuo ragazzo ti dice qualcosa del tipo:
“ok, se fai un blog porno per me va bene.
Basta che non scrivi cose troppo porno. Insomma, sai, quelle dove la gente si tocca e si fa le cose. E, insomma, sarebbe bene che non nominassi i così, lì, quelli dei maschi e delle femmine. E se potessi eliminare i baci…
Insomma se fai un blog porno per me va bene, a patto poi che lo leggo solo io”.
Ecco, dunque, a questo punto la brava futura blogger erotica blocca il fidanzato su gmail e inizia a lavorare sul suo blog por finemente erotico.
Per prima cosa si procura del materiale di studio.
“Alle dame del castello…”, “Quel gran pezzo dell’Ubalda…”, la puntata 3×20 di heroes, che se la scarichi adesso ci vedi una cosa che sembra poco attinente a quanto successo nella 3×192, ma comunque come trama si adatta molto bene agli studi in questione3.
Una volta ben assimilato il materiale, si passa alla parte creativa.
Che è la più semplice.
Basta una trama asciutta, ambientazione ridotta al minimo, un paio di scene atletiche e il gioco è fatto4.
A questo punto non rimane che pubblicare il pezzo, trampolino di lancio per imperitura fama internettiana e contratti miliardarii con grandi case editrici.
Così, signore e signori, lasciate che vi presenti il primo post porno finemente erotico di solo in superficie.
Manhattan, un bellissimo giorno di primavera, sensuale come solo a Manhattan (e a Brozzi) la primavera sa essere. Lei, Jessicah, commessa bionda, bellissima, passeggia annoiata per strada con le buste della spesa, lasciandosi carezzare dal sole. Non si accorge che la minigonna che ha indossato per andare al discount “tutto a 1 euro” le si è alzata, lasciandole maliziosamente scoperto il reggicalze di pizzo nero e il comodo completino in latex. Rientra nel grattacielo di famiglia (suo marito è un preclaro ingegnere cassaintegrato dell’IBM). Nell’atrio vede lui. Lui, muratore-idraulico di colore, sudato e con della farina addosso (nel tempo libero fa il panettiere). Si guardano. Entrano nell’ascensore. Con loro entrano una vecchietta, un cane, una scimmia e un pitone. Tutti si riguardano, imbarazzati. Il cane intavola una conversazione sul tempo. La vecchietta parla dei propri reumatismi. Tutti fingono indifferenza, ma si respira tensione nell’aria. Improvvisamente il pitone non resiste più, cede ai propri istinti e si avviluppa intorno alla scimmia. L’atmosfera si fa calda. Il muratore-idraulico-panettiere tira fuori dalla tasca una lattina di chinotto e inizia a bere voluttuosamente. Jessicah tira fuori dalla borse della spesa la panna montata e inizia a spruzzarsela in bocca. La vecchia si estrae la dentiera e inizia a passarsela sensualmente sulla scollatura. L’atmosfera a questo punto è arroventata.
(omissis5)
LUI: ahhhhahhhhahhhh
LEI: mmmmmhhhhhhh
ESSA: AH! AH! AH!
L’ALTRA: ehhh?
ESSI: mmmmmhhh
LIFTMAN: 38°!
- e magari cercare di farci pure qualche soldo? [↩]
- Ci son dei personaggi nuovi, che non avevo mai visto prima e stranamente son tutti nudi. Francamente non capisco cosa c’azzecchino con la saga dei Petrelli. Ma forse nel guardare la serie in originale, mi son persa degli sviluppi fondamentali. [↩]
- oltre a risultare utile anche a controllare la veridicità di certi luoghi comuni. Tipo la leggendaria superiorità della razza nera in certi campi. Bene, non tutti i luoghi comuni son poi così comuni [↩]
- Tanto se si vuol fare un
pornofine pezzo erotico un po’ più lungo senza sbattersi troppo, basta riciclare qualche scena a intervalli regolari e il gioco è fatto. Che lo zoccolo duro dei fruitori nemmeno si accorgerà di star rileggendo le stesse scene di prima [↩] - per venire incontro alle richieste del proprio ragazzo, l’autrice ha tagliato alcune parti del racconto in cui i personaggi si toccano, si fanno le cose e si nominano i cosi, lì, quelli dei maschi e delle femmine. Tanto è quasi meglio così, che i pezzi tagliati sarebbero adatti solo a stomaci molto forti. ndr [↩]
Dell’evidente superiorità della femmina sul maschio e delle colpe della biologia nei fatti di corna
L’altro giorno leggevo un articolo di Citati su la Repubblica.
Io adoro leggere gli articoli di Citati su la Repubblica. Son sempre pieni di cose interessanti, ragionamenti profondi e parole nuove da imparare.
Così ogni volta che vedo un articolo di Citati su la Repubblica, mi precipito a leggerlo.
Questo qui però mi stava facendo alterare1.
Ma come! mi dicevo, un uomo così intelligente, così profondo, mi è cascato nel solito pezzo di colore maschi vs femmine. Per di più usando quella figura retorica (che adesso non mi ricordo come si chiama, ma Citati lo sa benissimo, se ci fosse lui qui ce lo direbbe) in cui si fa finta di elogiare l’avversario mentre invece lo si sta prendendo per il culo.
Egli (Citati, non l’avversario) faceva finta di elogiare la superiorità mentale delle “femmine” che hanno la sorprendente capacità di cogliere tutti i particolari di una scena, suoni, colori, forme, ma poi davanti a una cartina non sanno distinguere il nord dal sud.
Le “femmine”, dice Citati, sono così attente alle cose “reali” che non son capaci di dipingerle.
Le “femmine”, dice sempre Citati, per quanta perfetta cognizione hanno del tempo, nessuna ne hanno dello spazio.
E per dimostrare la sua teoria, cita l’esempio della sua compagna che è convinta che il treno che prende tutte le volte da Bonn a Venezia passi da Milano2.
E mentre leggevo mi dicevo: ma come, Citati! Ma se hai una cogliona di compagna che confonde Milano con Verona (o era Pisa con Roma o era Forlimpopoli con la città che c’è fra Londra e Monaco) mica vuol dire che tutte le donne son così, eh!
E’ come dire che siccome te sei coglione tutti gli uomini… va bene, ho sbagliato esempio.
Comunque le generalizzazioni son sempre sbagliate. Ricordalo, sempre!
Che questa storia che i maschi e le femmine sarebbero differenti nel modo di ragionare e di vedere le cose è una gran bufala. E’ la classica scusa che i maschi tiran fuori quando si scordano qualche ricorrenza fondamentale3.
Un po’ come quelli che per giustificare le proprie scappatelle danno la colpa alla biologia. In fondo, dicono, il maschio deve spargere più seme possibile per la sopravvivenza della specie. Quindi è colpa della natura.
Eh no, caro mio, non parliamo a vanvera, qui ognuno si deve prendere le proprie responsabilità!
Per tutte le corna che mi metti e per tutti i mesiversari che ti scordi.
La natura non c’entra niente, che in realtà maschi e femmine siamo tutti uguali.
Questo pensavo.
Poi mi son ricordata una cosa.
In effetti qualcosa di diverso fra maschi e femmine dobbiamo avercelo.
Lo si vede da come si reagisce diversamente davanti alle stesse cose.
Me ne resi conto da ragazzina, quando sorpresi mio fratello di notte davanti alla tv.
Oh, a me colpo grosso faceva giusto una punta di tristezza, ma lui si commuoveva proprio.
Vedessi quanti fazzolettini aveva consumato!
- “alterare” che bella parola! una parola da Citati. Che lui non direbbe mai “arrabbiare” [↩]
- o era il treno che va da Parigi a Napoli passi da Pisa. O era il treno che va da Londra a Monaco passi da Forlimpopoli. Adesso non ricordo esattamente, ma era un esempio molto buffo [↩]
- tipo il mesiversario della prima volta che ci siamo sfiorati la spalla andando al cinema quella volta che la Katia era malata e quindi non poteva portarmi lei in macchina e ci offrì un passaggio il Giumbo, che la sua macchina blu cobalto era tutta lercia dentro, che ti sporcasti il cappotto nero e si stava tutti pigiati dietro e il Bimba sternutì e ti finì un poco di moccico sulla spalla e te ti strofinasti contro la mia e il moccico del Bimba finì sulla mia maglia viola, non quella viola-ciclamino, quella un poco più pesante che portavo anche quella volta che si andava al concerto dei Gatti di Vicolo Miracoli la reunion, ti ricordi? Ma come no! [↩]